5° CAPITOLO
Z fissò lo schermo del suo telefono, pregando di ricevere una risposta da Bella. Avrebbe chiamato, ma la sua voce era così
malferma e non voleva allarmarla.
In più ritrovarsi in un gran momento emozionale non era una
grande idea, considerando che aveva una gamba rotta sulla
proprietà dei lessers.
Rhage e Blay ritornarono attraverso il tunnel.
“…è perché non sono entrati in casa,” stava dicendo Rhage.
“L’entrata di questo magazzino passa attraverso il capanno sul
retro. Per prima cosa stavano controllando il sistema di sicurezza,
chiaramente preoccupati che la casa fosse stata infiltrata.”
Z si schiarì la gola e mormorò, “Il sistema d’allarme sta ancora
lampeggiando. Se non lo spegniamo in fretta, altri…”
Rhage puntò la pistola sulla luce rossa, tirò il grilletto, e ridusse
la cosa in polvere. “Forse questo funzionerà.”
“Sei proprio un tecnico, Hollywood,” bofonchiò Z. “Pari pari a
Bill Gates.”
“Quel che è. Dobbiamo portare fuori te e il civile…”
Il telefono di Z vibrò e lui aprì il messaggio di Bella, trattenendo
il respiro. Dopo averlo letto due volte, serrò gli occhi e richiuse il
telefono. Oh, Dio…no.
Tirando su il tronco dal pavimento di terra, si diede una spinta
per mettersi in piedi. La fitta d’agonia che gli corse su per la
gamba l’aiutò a distrarsi dalla vista di tutto quel sangue che aveva
formato una pozza sotto di lui.
“Che…”
“…cazzo…”
“…stai facendo…”
John con i segni disse le stesse cose. Cosa stai facendo?
“Devo tornare a casa.” Smaterializzarsi non era una opzione a
causa della gamba…che gli stava facendo venire i conati di
vomito a vederla sbatacchiare in giro. “Devo…”
Hollywood sbatté la sua faccia perfetta diretta sul muso di Z.
“Vuoi rilassarti! Sei sotto shock…”
Z afferrò l’avambraccio dell’uomo e strinse per chiudergli la
bocca. Parlò sottovoce, e quando ebbe finito, Rhage poteva solo
sbattere gli occhi.
Dopo un momento Hollywood disse piano, “Questo è il
problema, però. Hai una frattura scomposta, fratello mio. Prometto
che ti rimetteremo a posto, ma dobbiamo portarti da un dottore.
Morto non è dove vuoi essere, mi capisci?”
Mentre un’ondata di vertigine arrivò a sommergerlo da chissà
dove, Z ebbe l’impressione che suo fratello avesse ragione. Ma
cazzo. “Casa. Voglio…”
Il suo corpo crollò. Venne giù come un castello di carte.
Rhage sostenne il suo peso e si girò verso i ragazzi. “Voi due,
portatelo fuori dal tunnel. Muovetevi, io vi copro.”
Zsadist grugnì quando cambiò mani e fu portato via come una
carcassa di cervo trovata in mezzo alla strada. Il dolore lo stordiva,
facendogli palpitare il cuore e rabbrividire la pelle, ma andava
bene. Aveva bisogno della manifestazione fisica dell’emozione
intrappolata al centro del suo petto.
Il tunnel era lungo meno di cinquanta metri e abbastanza alto
solo perché un hobbit potesse starci dritto in piedi…quindi uscire
di lì fu divertente quanto nascere. Qhuinn e John erano piegati in
due, cercando di mantenere la presa mentre se la filavano a gambe
levate, due adulti in un modello per bambini. Mentre il corpo di Z
era teso e il suo fottuto piede suonava come una campana, l’unica
cosa che lo teneva cosciente era il messaggio di Bella:
MI DISPIACE. TI AMO, MA LEI E IO ABBIAMO BISOGNO DI
ANDARE. TI DARÒ L’INDIRIZZO QUANDO CI SAREMO
SISTEMATE PIÙ TARDI STASERA.
Fuori l’aria era fresca, e Z inspirò la merda nei polmoni con la
speranza di calmarsi lo stomaco. Fu portato direttamente
all’Hummer e messo dietro, accanto al civile che era svenuto.
John, Blay e Qhuinn entrarono, e poi ci fu un momento di sbrigati
e aspetta.
Alla fine Rhage schizzò fuori dalla casa, mostrò tre dita e un
pugno, e si infilò sul sedile davanti. Mentre il fratello mandava un
messaggio dal suo telefono, Qhuinn premette sul gas e ancora una
volta dimostrò di avere almeno mezzo cervello: il ragazzo era
stato abbastanza furbo da mettersi col muso in fuori così da avere
una linea retta lungo il vialetto, e prese la via di fuga a tutta forza.
Rhage guardò l’orologio mentre correvano via.
“Quattro…tre…due…”
La casa dietro di loro esplose in una palla di fuoco, il
contraccolpo spinse ondate d’energia attraverso l’aria…
Proprio mentre una monovolume piena di nemici entrava nel
vialetto bloccando la strada verso la Route 9.
Bella ricontrollò le due borse L.L. Bean e fu abbastanza certa di
avere tutto quello di cui aveva bisogno per un breve periodo. In
quella con i manici verdi aveva qualche vestito per sé stessa,
insieme al carica batterie per il cellulare, lo spazzolino, e duemila
dollari in contanti. Quella con i manici blu conteneva i vestiti di
Nalla, biberon e pannolini, insieme alle salviette umide, la crema
per le irritazioni, copertine, un orsetto, e Oh, I posti dove andrai!
del Dottor Seuss.
Il titolo del libro preferito di Nalla era un vero calcio sui denti in
una notte come quella. Lo era davvero.
Quando sentì bussare alla porta della nursery, Bella disse,
“Avanti.”
Mary, la shellan di Rhage mise dentro la testa. Il viso era teso, gli
occhi grigi severi prima ancora di vedere le borse per terra.
“Rhage mi ha mandato un messaggio. Z è stato ferito. So che stai
per andartene, e il perché non sono affari miei, ma potresti
prendere in considerazione di aspettare. Da quello che mi ha detto
Rhage, Z avrà un disperato bisogno di nutrirsi.”
Bella si mise dritta lentamente. “Quanto…quanto è grave? Che
cosa…”
“Non ho nessun altro dettaglio a parte che saranno a casa più in
fretta che potranno.”
Oh…Dio.
Era la notizia che aveva sempre temuto. Z ferito fuori
sul campo.
“Qual è l’ora stimata d’arrivo?”
“Rhage non l’ha detto. So che devono scaricare un civile ferito
alla nuova clinica di Havers, ma lo stanno già facendo. Non sono
sicura se Z sarà medicato lì o qui.”
Bella chiuse gli occhi. Z le aveva mandato il messaggio mentre
era ferito. L’aveva cercata quando stava male…e lei l’aveva
ricambiato sbattendogli in faccia il fatto che lo stava
abbandonando ai suoi demoni.
“Che cosa ho fatto,” disse Bella piano.
“Scusami?” chiese Mary.
Bella scosse la testa per rispondere sia a sé stessa sia alla donna.
Andando verso la culla, Bella guardò la loro bambina. Nalla
stava dormendo con il duro e denso sfinimento dei bambini, il suo
piccolo torace pompava su e giù con determinazione, le manine
rosa strette a pugno, la fronte corrugata come se si stesse
concentrando a crescere.
“Potresti stare con lei?” chiese Bella.
“Assolutamente.”
“C’è del latte nel frigo laggiù.”
“Sarò proprio qui. Non andrò da nessuna parte.”
Tornando al vialetto della casa verde pisello in mezzo agli alberi,
Z sentì la sbandata improvvisa data dalla frenata dell’Hummer di
Qhuinn. Il SUV mantenne l’assetto mentre le leggi della fisica
afferrarono con forza la sua massa, mettendo fine
all’accelerazione appena prima che il veicolo andasse a fracassarsi
contro il lobo frontale della monovolume sulla sua strada.
Canne di pistola vennero fuori dai finestrini della macchina da
mamma suburbana della società dei lessers
come se la stronza
fosse una diligenza, e i proiettili impazzirono, colpendo la
carrozzeria di acciaio rinforzato dell’Hummer e rimbalzando sui
finestrini di plexiglas.
“La seconda notte fuori con la mia quattro ruote,” sputò Qhuinn.
“E sti stronzi la stanno riducendo come formaggio svizzero?
Cazzo, no. Tenetevi.”
Qhuinn ingranò la retro, facendo scattare il Suv di quasi cinque
metri, poi infilò la prima e partì a tavoletta. Sterzando a sinistra,
scartò l’auto per tutti i terreni, zolle di terra si ammucchiarono e
sbatterono su entrambe le auto.
Mentre sbatacchiavano in giro come una barca col brutto tempo,
Rhage infilò una mano nella giacca e tirò fuori una granata.
Aprendo il finestrino a prova di proiettili giusto il necessario, tirò
via la sicura con i denti e buttò fuori l’esplosivo grosso come un
pugno. Grazie a Dio la dannata cosa sbatté sul tettuccio della
monovolume e rotolò sotto il veicolo.
I tre lessers
saltarono fuori da quel cazzo di macchina come se
stese andando a fuoco.
E dieci secondi dopo lo stava facendo, le fiamme a illuminare la
notte.
"Caaaaazzo", se Z aveva pensato che la gita nel tunnel fosse stata
una pessima cosa per la sua gamba, era niente a confronto della
scena buca e esplodi che era servita per scappare da quei
cacciatori. Quando l’Hummer sbucò sulla Route 9 dopo aver preso
in pieno almeno uno dei lessers, Zsadist era sul punto di svenire.
“Merda, sta andando in shock.”
Z realizzò con poco interesse che Rhage si era girato e stava
guardando lui, non il civile.
“Non lo faccio,” biascicò mentre gli occhi gli si giravano
all’indietro. “Solo facendo una breve pausa.”
Lo sguardo di Rhage, blu spettacolare tipo Bahamas, si fece
torvo. “Scomposta. Frattura. Figlio-di-puttana. Ti stai
dissanguando mentre parliamo.”
Z alzò lo sguardo fino ad incontrare quello di Qhuinn nello
specchietto retrovisore. “Scusa per la tappezzeria.”
Il ragazzo scosse la testa. “Non c’è problema. Per te fracasso
l’auto.”
Rhage mise una mano sul collo di Z. “Dannazione, sei bianco
come la neve e caldo uguale. Dovrai farti curare alla clinica.”
“Casa.”
A bassa voce Rhage disse, “Ho messaggiato Mary perché non la
faccia andare via, okay? Bella sarà ancora lì, non importa quanto
tempo ci metteremo a tornare alla residenza. Non ti lascerà prima
che torni a casa.”
Una grande quiete risuonò nell’Hummer, come se tutti stessero
facendo finta di non aver sentito niente dell’ultima ora di Rhage.
Z aprì la bocca per discutere.
Ma svenne prima di riuscire a mettere in campo altre obiezioni.
6° CAPITOLO
Bella camminava su e giù per la palestra nel centro
d’addestramento, orbitando intorno al tavolo operatorio con
gambe tremanti. Si fermava regolarmente per controllare l’orologio.
Dov’erano? Che altro era andato storto? Era passata più di un’ora…
Oh, Dio, per favore fa che Zsadist sia vivo. Per favore fa che lo
riportino indietro vivo.
Su e giù, sempre su e giù. Alla fine si fermò a un capo della
barella e la guardò. Mettendo una mano sul cuscino imbottito, si
trovò a ripensare a quando si era trovata sdraiata su quella cosa
nella veste di paziente. Tre mesi prima. Per la nascita di Nalla.
Dio, che incubo che era stato.
E Dio, che incubo era adesso…in attesa che il suo hellren fosse
trasportato dentro ferito, sanguinante, in preda al dolore. E quello
era il migliore dei casi. Il caso peggiore era un corpo coperto da
un lenzuolo, qualcosa che non poteva neanche prendere in considerazione.
Per evitare di impazzire, Bella pensò alla nascita, a quel
momento quando entrambe le loro vite, la sua e quella di Z, erano
cambiate per sempre. Come un sacco di cose drammatiche, il
grande evento era stato anticipato, ma quando era arrivato era
stato comunque uno shock. Era stata al nono mese di una
gravidanza di diciotto ed era un lunedì notte.
Bel modo di cominciare la settimana lavorativa.
Aveva avuto una gran voglia di chili, e Fritz l’aveva
accontentata, preparando una porzione che bruciava come una
torcia per saldare. Quando l’amato maggiordomo le aveva portato
la ciotola fumante, però, di colpo non era riuscita a sopportare
l’odore o la vista della pietanza. Nauseata e sudata, era andata a
farsi una doccia fredda, e mentre arrancava in bagno, si era chiesta
dove diavolo avrebbe infilato altre sette mesi del piccolo che le
cresceva in pancia.
Nalla, a quanto pareva, aveva preso a cuore il pensiero
passeggero. Per la prima volta dopo settimane, si era mossa con
decisione…e, con un calcio improvviso, aveva rotto le acque.
Bella aveva sollevato l’accappatoio e aveva guardato in basso
alla pozza che si era formata ai suoi piedi, domandandosi per un
momento se non avesse perso il controllo della vescica. Poi capì.
Anche se aveva seguito i consigli di Doc Jane e aveva evitato di
leggere la versione vampirica di Cosa aspettarsi quando si
aspetta, ne sapeva abbastanza per essere sicura che una volta che
le acque si rompono, l’autobus è uscito dalla stazione.
Dieci minuti dopo si era ritrovata distesa su quella barella, con
Doc Jane che le faceva un veloce, ma accurato esame. La
conclusione era che il corpo di Bella non sembrava pronto a
proseguire col programma, ma Nalla doveva essere tirata fuori. Fu
amministrata della Pitocina, usata di frequente per indurre il
travaglio nelle donne umane, e poco dopo Bella scoprì che c’è una
differenza tra dolore e travaglio.
Il dolore cattura la tua attenzione. Il travaglio cattura tutta la tua attenzione.
Zsadist era stato fuori sul campo, e quando era arrivato era così
agitato che quei pochi capelli che gli erano rimasti sul cranio
stavano dritti. Appena entrato, si era disfatto delle armi, il
mucchio grosso come un divanetto, ed era corso per starle accanto.
Bella non l’aveva mai visto tanto spaventato. Nemmeno quando
si svegliava dai sogni di quella sadica Padrona che aveva avuto.
Gli occhi erano neri, non per rabbia ma per paura, e le labbra
erano così tirate che sembravano un paio di linee bianche.
Averlo lì l’aveva aiutata a superare il dolore. E ne aveva avuto
bisogno. Doc Jane aveva sconsigliato l’epidurale, visto che nei
vampiri poteva portare ad allarmanti cali di pressione. Quindi non
c’era stato nulla a calmare il dolore.
E neanche tempo per trasferirla alla clinica di Havers. Una volta
che la Pitocina aveva messo in moto il suo corpo, il travaglio era
andato avanti troppo in fretta per poterla muovere…anche se non
sarebbe comunque stato possibile visto che l’alba era vicina. Il che
significava che non c’era neanche modo di far arrivare il medico
della razza al centro d’addestramento.
Bella tornò al presente, accarezzando il cuscino sottile che era
appoggiato sulla barella. Riusciva a ricordarsi di come aveva
stretto la mano di Z abbastanza forte da rompergli le ossa mentre
si sforzava fino a che anche i denti le avevano fatto male e le era
sembrato di spaccarsi in due.
E poi i suoi segni vitali erano crollati.
“Bella?”
Si girò. Wrath era sull’uscio della stanza, l’enorme corpo del re
riempiva il passaggio. Con i capelli neri lunghi fino ai fianchi, gli
occhiali da sole a fascia e i vestiti di pelle nera, nel suo silenzioso
arrivo sembrava una versione moderna della Morte.
“Oh, per favore, no,” disse Bella, aggrappandosi alla lettiga. “Per favore..”
“No. È okay. Lui è okay.” Wrath si avvicinò e le prese un
braccio, tenendola su. “È stato stabilizzato.”
“Stabilizzato?”
“Ha una frattura scomposta nella parte bassa della gamba che ha
causato una certa perdita di sangue.” Certa ossia massiccia, senza
dubbio. “Dov’è?”
“Sta tornando a casa dalla clinica di Havers proprio adesso. Ho
pensato che fossi preoccupata, così ho voluto fartelo sapere.”
“Grazie. Grazie…” Anche con tutti i problemi che avevano avuto
ultimamente, l’idea di perdere il suo hellren era catastrofica.
“Ehi, piano.” Il re la circondò con le enormi braccia e la tenne
così, gentilmente. “Lascia che i brividi ti attraversino. Respirerai
più facilmente così, che tu ci creda o no.”
Bella fece come le era stato suggerito, lasciando andare il rigido
controllo che aveva imposto ai propri muscoli. Il suo corpo tremò
dalle spalle alle caviglie e lei contò sulla forza del re per rimanere
in piedi. Aveva ragione, però. Anche mentre tremava, era in grado
di fare un respiro profondo o due.
Quando si sentì più stabile, si tirò indietro. Vedendo la barella
corrugò la fronte e dovette rimettersi a camminare in tondo.
“Wrath, posso chiederti una cosa?”
“Assolutamente.”
Dovette camminare ancora un po’ prima di riuscire a porre la
domanda nel modo giusto. “Se Beth avesse un bambino, lo
ameresti tanto quanto ami lei?”
Il re sembrò sorpreso. “Ah…”
“Mi spiace,” disse Bella, scuotendo la testa. “Non sono affari miei…”
“No. Non è quello. Sto cercando di capire la risposta.” Alzò una
mano e sollevò gli occhiali dai suoi brillanti occhi verde pallido.
Anche se erano sfocati, il suo sguardo faceva comunque colpo.
“Le cose stanno così…e credo sia vero per tutti i maschi che
hanno una compagna . La tua shellan è il cuore pulsante nel tuo
petto. Perfino più di quello. È il tuo corpo, la tua pelle e la tua
mente…ogni cosa che sei mai stato e ogni cosa che sarai. Quindi
un uomo non può provare qualcosa in più per nessun altro che non
sia la propria compagna. Semplicemente non è possibile, e credo
che ci sia l’evoluzione al lavoro qui. Più profondamente ami, più
proteggi, e mantenere in vita la tua donna a tutti i costi significa
che lei può prendersi cura di qualunque piccolo abbia. Detto
questo, naturalmente ami i tuoi bambini. Penso a Darius con
Beth…voglio dire, era disperato all’idea di mantenerla al sicuro. E
Tohr con John…e…sì, voglio dire, hai sentimenti profondi per
loro, certo.”
Era logico, ma non una grande consolazione, considerando che
Zsadist non prendeva neanche in braccio Nalla…
Le doppie porte della stanza si aprirono e Z fu portato dentro.
Aveva addosso un pigiama da ospedale, probabilmente perché era
stato necessario tagliare i suoi vestiti alla clinica di Havers, e il
suo viso era privo di qualsiasi colore. Aveva entrambe le mani
fasciate, e c’era il gesso sulla parte inferiore della gamba.
Era completamente privo di sensi.
Bella corse al suo fianco e gli prese la mano. “Zsadist? Zsadist?”
Qualche volta le flebo e le pillole non sono sempre la cura
migliore per il trattamento dei feriti. Qualche volta tutto quello di
cui hai bisogno è il tocco delle persone amate e il suono della loro
voce e il sapere che sei a casa, e quello è abbastanza per trascinarti
lontano dall’abisso.
Z aprì gli occhi. Lo sguardo blu zaffiro che incontrò gli fece
venire le lacrime. Bella era chinata su di lui, la massa di capelli
color mogano le scendeva su una spalla, i lineamenti classici del
viso tirati in un’espressione preoccupata.
“Ciao,” disse Z, perché era il meglio che potesse fare.
Aveva rifiutato ogni analgesico alla clinica, perché l’effetto di
intontimento che procuravano gli aveva sempre ricordato il modo
in cui era stato drogato per mano della Padrona…quindi era stato
del tutto cosciente mentre la gamba veniva aperta e rimessa a
posto da Doc Jane. Beh, lo era stato per una parte, comunque.
Doveva essere svenuto per un po’. Il lato positivo era che si
sentiva un cadavere. Senza dubbio ne aveva anche l’aspetto. E
c’era troppo da dire.
“Ciao.” Bella gli accarezzo la testa rasata. “Ciao…”
“Ciao…” Prima di crollare e fare la figura del fesso, Z si diede
un’occhiata intorno per vedere chi altro ci fosse nella stanza.
Wrath stava parlando con Rhage in un angolo accanto alla vasca
per l’idromassaggio, e Qhuinn, John e Blay erano in piedi di
fronte agli armadietti di acciaio e vetro.
Testimoni. Merda. Doveva darsi una calmata.
Mentre sbatteva gli occhi con forza, i dettagli della stanza si
misero a fuoco, e ripensò all’ultima volta in cui era stato lì dentro.
La nascita.
“Ssh…” mormorò Bella, chiaramente fraintendendo la ragione
della sua smorfia. “Chiudi solo gli occhi e rilassati.”
Fece come gli venne detto, perché era di nuovo sull’orlo
dell’abisso, e non per quanto fosse messa male la gamba o per il
male che gli facevano le mani.
Dio, la notte in cui Nalla era nata…quando aveva quasi perso la
sua shellan…
Z strinse forte gli occhi perché non voleva ricordare il
passato…o guardare troppo da vicino il presente. Stava correndo il
pericolo di perdere Bella. Di nuovo.
“Ti amo…” sussurrò. “Per favore non lasciarmi.”
“Sono proprio qui.”
Sì, ma per quanto.
Il panico che provava adesso lo riportò alla notte della
nascita…era stato fuori sul campo con Vishous, investigando il
rapimento di un civile in centro città. Quando era arrivata la
chiamata da Doc Jane, aveva scaricato V come si fa con le brutte
abitudini e si era dematerializzato nel vialetto della residenza,
facendosi strada nell’atrio fino al tunnel. Tutti, le shellan,i
doggen e Wrath, si erano tolti dalla sua strada prima di far la fine
dei birilli.
Giù nel centro d’addestramento, in quella stessa stanza, aveva
trovato Bella distesa sulla barella su cui stava lui adesso. Era
entrato nel bel mezzo di una contrazione ed era dovuto rimanere a
guardare mentre il corpo di Bella veniva avvinghiato come dalla
mano di un gigante che la stringesse alla vita. Quando il dolore si
era attenuato Bella aveva fatto un profondo respiro, poi l’aveva
guardato e gli aveva offerto un debole sorriso. Mentre tendeva una
mano verso di lui, Z si era disfatto delle armi, facendole cadere sul
linoleum.
“Mani,” aveva abbaiato Doc Jane. “Lavati le mani prima di
avvicinarti.”
Z aveva annuito ed era andato diretto ai profondi lavandini con i
pedali. Si era passato il sapone su per le braccia fino a quando la
pelle non era stata rosa tipo quella della Barbie poi si era
asciugato con un panno chirurgico blu ed era corso al fianco di
Bella.
Le loro mani si erano appena toccate quando era arrivata una
nuova contrazione. Bella gli aveva stretto la mano fino a
stritolargliela, ma non gli importava. Continuando a guardarla
negli occhi mentre si sforzava, avrebbe fatto qualunque cosa per
liberarla dal dolore…e in quel momento si sarebbe con piacere
tagliato le palle. No poteva credere di averla costretta a sopportare
un tale tipo di dolore.
Le cose peggiorarono. Il travaglio era come una locomotiva che
acquistava velocità e i binari erano sul corpo di Bella. Più forte,
più lungo, più veloce. Non capiva come Bella potesse sopportarlo.
E poi non ci riuscì più.
Andò in arresto, tutti i segni vitali calarono…la frequenza
cardiaca, la pressione sanguigna, tutto andò a puttane. Z seppe
quanto la situazione fosse seria dalla velocità con cui Doc Jane
cominciò a muoversi. Si ricordò dei medicinali nella flebo, e
Vishous che si avvicinava con…merda, strumenti chirurgici e
un’incubatrice.
Doc Jane si infilò un nuovo paio di guanti di lattice, guardando
prima Bella e poi lui. “Dobbiamo entrare e prendere il bambino,
okay? C’è sofferenza fetale.”
Annuì. Aveva annuito a quel punto sia per se stesso che per
Bella. La Betadine era stata un color arancione arrugginito mentre
V l’aveva spalmata su tutto l’addome gonfio di Bella.
“Starà bene?” Mormorò Bella disperata. “La nostra piccola
starà…”
Doc Jane si era avvicinata. “Guardami.”
Le due donne si erano guardate dritte negli occhi. “Farò tutto
quello che potrò per portarvi entrambe alla fine. Voglio che ti
calmi, è questo il tuo compito. Calmati e lasciami fare quello che
faccio meglio. Adesso respira profondamente.”
Zsadist aveva preso un respiro insieme alla sua shellan…e poi
aveva guardato mentre gli occhi di Bella all’improvviso si
spalancavano e le sguardo le si fissava sul soffitto con una strana
intensità. Prima che potesse chiedere cosa stesse guardando, Bella
aveva chiuso gli occhi.
Z aveva avuto un momento di terrore in cui aveva temuto di non
vederli mai più aperti.
Poi Bella aveva detto, “Assicuratevi solo che la piccola stia bene.”
In quel momento Z aveva avuto davvero paura perché era chiaro
che Bella non pensava di uscirne viva. E l’unica cosa che le
importava era la piccola.
“Per favore rimani con me,” aveva detto Z con un gemito mentre
veniva praticata l’incisione.
Bella non l’aveva sentito. Si era lasciata trasportare
nell’incoscienza, come se fosse stata su una barca che aveva
mollato gli ormeggi e stesse galleggiando su acque calme.
Nalla era nata alle sei e ventiquattro del mattino.
“È viva?” aveva chiesto.
Anche se adesso si vergognava ad ammetterlo, l’unica ragione
per cui aveva voluto saperlo era perché Dio non volesse che Bella
riprendesse i sensi per sentirsi dire che sua figlia era nata morta.
Mentre Doc Jane suturava Bella, Vishous aveva lavorato
velocemente con un palloncino aspirante sulla bocca e il naso
della piccola, poi aveva inserito una minuscola flebo e fatto
qualcosa con le mani e i piedi. Veloce. A quel punto V era stato
veloce come la sua shellan.
“È viva?”
“Zsadist?”
Z aprì gli occhi e tornò al presente.
“Hai bisogno di altri analgesici?” chiese Bella. “Hai l’aspetto di
uno in agonia.”
“Non posso credere che sia vissuta. Era così piccola.”
Mentre le parole uscivano dalla bocca di Zsadist, Bella non capì,
ma solo per un secondo. La nascita…Z stava pensando alla
nascita.
Bella gli accarezzò i corti capelli morbidi, cercando di farlo stare
meglio in qualche piccolo modo. “Sì…sì, lo era.”
Gli occhi gialli si spostarono sulla gente nella stanza e la voce si
abbassò. “Posso essere onesto?”
Oh, merda, pensò Bella. “Sì, per favore.”
“L’unica ragione per cui mi importava se era viva era perché non
volevo che ti dicessero che non lo era. Era l’unica cosa per cui ti
preoccupavi…e non potevo sopportare che tu la perdessi.”
Bella corrugò la fronte. “Vuoi dire alla fine?”
“Sì…dicesti che volevi solo essere sicura che lei stesse bene.
Furono le tue ultime parole.”
Bella allungò una mano sulla guancia di Zsadist. “Credevo di
stare per morire e non volevo che tu rimanessi tutto solo…ho visto
la luce dell’al di là. Era tutto intorno a me, mi avvolgeva. Ero
preoccupata per te…per quello che sarebbe successo se non ci
fossi più stata.”
Il viso di Z divenne ancora più pallido, dimostrando che nello
spettro dei colori esiste qualcosa di più chiaro del bianco.
“Pensavo che era quello che stava succedendo. Oh…Dio, non
posso credere a quanto ci siamo andati vicino.”
Doc Jane si avvicinò alla barella, “Scusate se vi interrompo.
Voglio solo fare un piccolo controllo dei segni vitali?”
“Naturalmente.”
Mentre Bella guardava il dottore fare in fretta l’esame, pensò al
modo in cui quelle mani eteree avevano aiutato sua figlia a venire
al mondo.
“Bene,” disse Doc Jane, appendendo lo stetoscopio al collo. “Va
bene. È stabilizzato e dovrebbe riuscire ad alzarsi e a muoversi in
un’ora circa.”
“Grazie,” mormorò Bella mentre Z faceva lo stesso.
“Piacere mio. Credetemi. Adesso, perché il resto di noi non se ne
và e lascia che voi due passiate un po’ di tempo da soli.”
La folla si disperse tra offerte di aiuto e cibo e ogni altra cosa che
potesse servire. Mentre Wrath stava andando verso la porta, si
fermò e guardò Bella.
Lei strinse la presa sulla spalla di Z mentre il re inchinava appena
la testa e poi chiudeva la porta.
Bella si schiarì la gola. “Posso portarti qualcosa per…”
“Dobbiamo parlare.”
“Può aspettare…”
“Fino a quando te ne sarai andata da qui?” Z scosse la testa. “No.
Deve essere adesso.”
Bella avvicinò uno sgabello con le rotelle e si sedette,
accarezzandogli l’avambraccio perché non poteva tenergli la mano
fasciata. “Ho paura. Se non…riusciamo a colmare le distanze…”
“Anch’io.”
Mentre le loro parole rimanevano sospese nel silenzio della
stanza ricoperta di piastrelle, Bella si ricordò di quando si era
svegliata dopo il cesareo il giorno della nascita. Gli occhi di
Zsadist erano stati la prima cosa che aveva visto. Sembrava in
agonia mentre la guardava, ma lentamente il dolore era passato,
rivelando incredulità e poi speranza.
“Mostrale la piccola,” aveva chiesto Z con decisione. “Veloce.”
Vishous aveva spinto l’incubatrice vicino al letto e Bella aveva
visto sua figlia per la prima volta. Trascinando con se il tubo della
flebo attaccato al braccio, aveva posato i polpastrelli sul guscio di
plexiglas. Nell’istante in cui aveva toccato la struttura trasparente,
la piccola aveva girato la testa.
Bella aveva guardato Zsadist. “Possiamo chiamarla Nalla?”
Gli occhi di Z si erano riempiti di lacrime. “Sì. Assolutamente.
Tutto quello che vuoi.”
L’aveva baciata e le aveva dato il suo sangue ed era stato tutto
quello che si potrebbe volere da un compagno attento e
premuroso.
Tornando al presente Bella scosse la testa. “Sembravi così felice.
Subito dopo la nascita. Stavi festeggiando con gli altri. Eri lì per
attaccare i nastri alla culla…Sei andato da Phury e hai cantato di
nuovo…”
“Perché eri viva e non dovevi soffrire per la perdita della nostra
piccola. Le mie paure peggiori non si erano avverate.” Zsadist alzò
una mano come se volesse strofinarsi gli occhi, ma corrugò la
fronte realizzando che non poteva a causa delle bende. “Ero felice per te.”
“Ma dopo che mi hai nutrita, ti sei seduto vicino all’incubatrice e
ti sei proteso verso di lei. Hai perfino sorriso quando ha guardato
dalla tua parte. C’era amore sul tuo viso, non solo sollievo. Cos’è
cambiato?” quando lui esitò, Bella disse, “Sono disposta a darti
più tempo se è quello che serve, ma non posso essere tenuta fuori
dal processo. Che cosa è successo?”
Z fissò la grata sulle luci che stavano sopra di lui e ci fu un lungo
silenzio, così lungo che Bella pensò che forse avevano raggiunto
un muro insormontabile.
Ma poi una grossa lacrima si formò all’angolo dell’occhio di Z.
“Lei è nel sogno con me.”
Le parole furono dette così piano che Bella dovette assicurarsi di
aver sentito bene. “Scusami?”
“Il sogno che faccio di essere ancora con la Padrona. Nalla…è
nella cella con me. Posso sentirla piangere mentre la Padrona
viene per me. Cerco di liberarmi dalla catene…così posso
proteggerla…portarla via…fermare quello che sta per succedere.
Ma non riesco a muovermi. La Padrona la troverà, ed è colpa mia
se Nalla è nella cella.”
“Oh…amore mio…oh, Z.” Bella si alzò e facendo attenzione si
appoggiò sul suo torace, abbracciandolo teneramente.
“Oh…Dio…e hai paura che la Padrona la ucciderà…”
“No.” Z si schiarì la gola una volta, e ancora, e ancora. Il torace
cominciò a pompare su e giù. “Lei costringerà…Nalla a
guardare…quello che mi fanno. Nalla dovrà guardare…”
Zsadist cercò di mantenere le proprie emozioni dentro si sé, poi
perse la battaglia, piangendo con i singhiozzi decisi e potenti di un
uomo. “Lei dovrà…guardare…suo padre mentre…”
Tutto ciò che Bella poteva fare era stringere forte e bagnargli il
pigiama con le proprie lacrime. Aveva saputo che di qualunque
cosa si trattasse sarebbe stata brutta. Ma non aveva avuto idea di
quanto brutta.
“Oh, amore mio,” disse Bella, mentre Z l’abbracciava e
nascondeva la testa tra i suoi capelli. “Oh, mio caro amore…”
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