domenica 23 ottobre 2011

C'ERA UNA VOLTA ..... IL ROMANZO GOTICO...-2a PARTE-


Quando si parla di letteratura gotica, si suole parlare di romance, in opposizione al novel settecentesco, scevro di caratteristiche fantastiche e quindi tendente alla rappresentazione della realtà, in cui gli avvenimenti sono adattati al normale corso degli eventi umani e allo stato moderno della società. Il romance, invece, è fra tutte le forme letterarie, quella che più si avvicina alla rappresentazione del sogno, del fantastico, del trascendente. Il romance dell’epoca vittoriana, per far fronte alla supremazia editoriale del novel, presentava un ventaglio di alternative piuttosto ampio rispetto ai canoni tradizionali del genere (ovvero l’impresa d’amore o di guerra compiuta da prodi cavalieri), una di queste era il "gothic romance", a sua volta composto da diverse tipologie tematiche. Per dare un ordine generale a questa varietà, possiamo suddividere il romanzo gotico in quattro sotto-categorie principali: romanzo gotico sentimentale (per esempio "The Misteries of  Udolpho", di Ann Raddcliffe"), romanzo gotico storico ("The Castle of Otranto" di Horace Walpole), romanzo gotico orientaleggiante (come "Vathek" di William Beckford) e romanzo gotico orrifico (il celeberrimo "Dracula" di Bram Stocker) (bertinetti).
Caratteristiche fondamentali del gothic romance sono l'ambientazione medievale stravagante e la trama complicata nella quale i protagonisti sono fanciulle perseguitate, fatti di sangue, fantasmi, vendette, monaci corrotti, individuo loschi e malvagi (il vilain). Solitamente gli scenari sono cupi conventi, castelli pieni di segreti ed infestati dai fantasmi, luoghi pieni di significati simbolici.

Gli elementi caratterizzanti il genere gotico non sono altro, quindi, che l’espressione codificata di paure comuni. Sono la metafora di una condizione di crisi di fine settecento rispecchiabile nel lacerante processo di mutamento sociale, nelle violente e radicali trasformazioni operate dalla rivoluzione industriale .
Il fascino del mostruoso, del soprannaturale attrae verso ciò che è altro, alieno e pertanto sconosciuto. Questa attrazione, rappresenta una sfida col limite della ragione e della conoscenza, risveglia
la paura di ciò che è sconosciuto. Lo scopo era suscitare nel lettore forti emozioni usando tutti gli elementi  come la paura, l'angoscia,il turbamento, che provocavano terrore.
Tuttavia, bisogna osservare che nel romanzo gotico vi è sempre (o quasi) un lieto fine che conclude, dopo varie peripezie, il percorso tortuoso e pericoloso dei suoi protagonisti: la fanciulla viene salvata dal suo eroe, il malvagio punito, il bene vince sul male. Alla fine, quindi, la conclusione della storia tende a rassicurare il lettore, anche se permane nell’animo quella sensazione di disagio, di terrore, accompagnata dallo "stupore", a causa del quale si perde ogni capacità razionale .
 Ugualmente, nelle arti figurative e nella letteratura si assisteva a una progressiva riscoperta del Medioevo gotico, sotto forma di gusto per gli aspetti più lugubri e orridi della natura e del paesaggio, e per gli elementi più tenebrosi della psiche umana e della realtà, quali ci si immaginava caratterizzassero quel misterioso (perché allora poco conosciuto) periodo storico.
Se in generale tale gusto preannunciava la nascita della nuova sensibilità romantica che si
allontana dalle rassicuranti certezze dell'Illuminismo per porgere attenzione alle manifestazioni
sentimentali e irrazionali, la ricerca dell' orrido e di effetti terrorizzanti poteva essere anche il
riflesso di un più profondo senso di timore e incertezza che le modificazioni politiche e sociali,
apportate dalle Rivoluzioni (quella americana, quella francese e la rivoluzione industriale)
inducevano nell'immaginario collettivo.



 Benchè il libro di Walpole sia considerato  il fondatore di tale genere ,  esso non si mostrò  subito  capace di dare l’avvio a una nuova moda letteraria, infatti dapprima venne considerato come l’insolito prodotto di un amatore di stranezze letterarie; la fantasia europea non era ancora
disposta a riceverlo, e non lo sarebbe stato se non dopo aver subito gli effetti della Rivoluzione e del
Terrore.
La narrativa macabra, nel suo pieno sviluppo, s’impernia non sull’eroina (il principio della
salvezza, perseguitato), ma sul malvagio (il principio di dannazione, persecutore). L’eroe-malvagio
è veramente un’invenzione del genere nero, e le tentazioni e le sofferenze di lui, la bellezza terribile
del vincolo che lo costringe al male, ne costituiscono i motivi principali.
Il significato principale del romanzo nero sta nella sostituzione del terrore all’amore come
tema centrale della narrazione.
L’apparizione de  "il Monaco" di  M.G.Lewis , fece del suo autore una personalità di richiamo in tutti i salotti londinesi, ma anche urtò profondamente i tutori ufficiali della morale, tanto che poi rimase lettura
clandestina per forse cent’anni.
Questo romanzo è stato studiato per colpire sul vivo e sconvolgere la borghesia benpensante.
Infatti il romanzo fece scandalo per le scene sessuali, per l’esibizione degli istinti più animali e
sfrenati. si presenta come un’opera ben più composita e pluricorde de Il Castello di Otranto
e gli stili usati sono innumerevoli: ad esempio il linguaggio poetico di piccole composizioni
arricchisce il racconto di immagini simboliche e diventa un mezzo efficace per sottolineare le
capacità dell’occhio poetico di penetrare oltre la superficie del reale.
Il monastero sostituisce il castello come luogo di orride vicende e il monaco e la suora
rimpiazzano il cavaliere antico e la damigella medievale nella parte di tenebrosi protagonisti
Lewis con questo romanzo lancia la moda ottocentesca della reclusione e della perdizione in
luogo sacro (monastero, abbazia o convento ). Quel che c’è di nuovo è il fatto che il mostro
carceriere, il monaco Ambrosio appunto, è anche uno dei reclusi e dei perseguitati: recluso nel
labirinto oscuro in cui è perseguitato e schiacciato dai propri desideri, fino a precipitare, al centro
più profondo del labirinto, in un abbraccio satanico con Lucifero: labirinto da incubo che significa
la perdita progressiva, e senza rimedi, della ragione, di ogni inibizione al male e al peccato, di ogni
legalità che vige nella ordinata società esterna.

Trama:

Ambrosio, monaco predicatore, è considerato un sant’uomo. Ma i suoi desideri sessuali
rimossi, superata la fragile censura inibitoria, si rivelano quando una giovane fanciulla,
Matilda, di lui innamorata, entra nel monastero travestita da monaco, facendosi
chiamare Rosario. Matilda-Rosario scatena la concupiscenza di Ambrosio, trasforma il
convento da luogo di preghiera a luogo di perversione e lussuria, scatena una voluttà
perversa. Ambrosio è già acceso di lei, avendo contemplato il suo ritratto in figura di
Vergine. La libido a lungo repressa del frate monta progressivamente, finché Matilda-
Rosario si mostra nuda la monaco, che ora può dare libero sfogo alle sue brame. Subito
dopo essere diventati amanti, non soddisfatto dei plurimi amplessi con Matilda, si
stanca di lei e concupisce un’altra fanciulla, l’innocente Antonia, la quindicenne figlia
di Elvira, una nobildonna di cui è il confessore. Ambrosio riesce a ottenerla con l’aiuto
di Matilda che si rivolge al diavolo per favorire i suoi piani. Lei lo conduce attraverso
un intricato labirinto fino agli abissi infernali sotto il cimitero adiacente al convento.
Ambrosio entra nella stanza di Atonia, ma mentre tenta di usarle violenza viene
interrotto da Elvira e la uccide. Dà quindi un sonnifero all’atterrita fanciulla che viene
presa per morta e posta nella tomba, dove egli riesce a violentarla fra i morti in
decomposizione. Quando ella urla, egli l’ammazza temendo d’essere scoperto, ma
viene preso ugualmente dai soldati dell’Inquisizione e messo in prigione dove ottiene il
mezzo di fuggire vendendo l’anima a Lucifero stesso, che gli si presente in forma
seducente di angelo caduto, di oggetto dei desideri rimossi del monaco Ambrosio.
Tuttavia si trova immediatamente portato in cima a un picco montano e di lì, dopo aver
appreso che Elvira è sua madre e Antonia sua sorella, viene consegnato alla sua orribile
morte nel precipizio.
Accanto alla storia principale, quella della perversa voluttà e criminalità di Ambrosio,
della donna-demone Matilda e della bella Antonia, tutti e tre segregati nei labirinti di
conventi e cimiteri, c’è anche una storia parallela, collegata solo marginalmente alla
principale. È quella che vede come protagonisti Lorenzo, amante di Antonia, sua sorella
Agnes, monaca a forza (ecco il motivo della monacazione forzata, di una donna che,
nonostante la sua monacazione, riesce comunque ad avere rapporti sessuali con
l’amante) e don Raymond, marchese de Las Cisternas e amante di Agnes. Nel funesto
castello gotico (in Germania) in cui è reclusa Agnes, poi reclusa nel convento di
monache, c’è, oltre alla moglie del barone e zia di Agnes, donna Rodolpha, che cerca di
possedere sessualmente Raymond che era lì per Agnes, anche il terrificante fantasma
della Monaca sanguinante. Raymond fugge col fantasma sicuro che fosse Agnes da lei
travestita. Al termine del libro Agnes viene salvata dalla prigionia in convento e
finalmente unita al suo innamorato.

A. RADCLIFFE
 
Ann Radcliffe (Holborn, 9 luglio 1764 – Holborn, 7 febbraio 1823) è stata una popolare scrittrice inglese.
Nata ad Holborn (Londra, Inghilterra) come Ann Ward, si sposò a 23 anni (nel 1787) con William Radcliffe, un giornalista dell'English Chronicle.
Iniziò a scrivere racconti per divertimento e dietro incoraggiamento del marito.

Nel 1789 pubblicò The Castles of Athlin and Dunbayne, in cui è già presente l'atmosfera alla base della maggior parte dei suoi lavori, in particolare la tendenza a coinvolgere innocenti e giovani eroine nelle vicende descritte, che solitamente si svolgono in tenebrosi castelli governati da nobili dal passato misterioso.
Scrittrice originale e stilista impeccabile , non è  famosissima se non nel periodo in cui ha pubblicato la sua produzione letteraria.
 I suoi romanzi furono scritti mescolando essenzialmente il romance of sensibility con il gothic romance e producendo delle opere che, sebbene presentino i caratteri tipici del romanzo gotico walpoliano, pur tuttavia sono sostanzialmente diversi da questo modello. In tutte le sue opere c'è sempre un'eroina bella e solitaria che, dopo tante sofferenze ed incertezze, riesce infine a coronare il suo sogno d'amore sposando l'eroe, nonostante le macchinazioni del malvagio (o dei malvagi) di turno.
Costruisce i suoi romanzi in modo che la suspense sia mantenuta costante per tutto lo svolgersi della narrazione. Sebbene il lettore sappia fin dal principio che il lieto fine è assicurato, questa certezza nulla toglie alla tensione che l'autrice riesce a creare lungo tutto il romanzo. Le peripezie dell'eroe e dell'eroina continuano anche quando tutto sembra essersi risolto; anzi, proprio quando la trama sembra prendere una strada sicura, spunta un imprevisto che separa i due protagonisti e li getta in nuove avventure fino alla felice conclusione, tipica del romance of sensibility. La suspense si acuisce in determinati momenti, in cui sembra che tutto sia perduto.

A differenza di Walpole, Ann Radcliffe utilizza le descrizioni dei paesaggi non come puro sfondo dell'azione, bensì come ambienti catartici in cui i personaggi del romanzo si ritrovino, possano specchiare i propri sentimenti, possano trovare sollievo alle tribolazioni della vita.
Le numerose descrizioni presenti nel testo appaiono talvolta eccessive, tanto nei dettagli quanto nella lunghezza, a scapito dei dialoghi, al contrario del Castello di Otranto, in cui invece le descrizioni sono ridotte al minimo ed i dialoghi abbondano. Eppure queste interminabili descrizioni risvegliano i sentimenti di pace ed i ricordi nei diversi personaggi.

Le sue opere divennero estremamente popolari, specialmente tra le giovani lettrici che cercavano nei suoi libri qualcosa di più eccitante del ricamo. Tra le sue opere più conosciute ricordiamo Romanzo siciliano (1790), Il romanzo della foresta (1791), I misteri di Udolpho (1794) e L'italiano (1797).
Il successo de Il romanzo della foresta consacrò la Radcliffe come l'esponente più significativa del romanzo storico in chiave gotica. I suoi romanzi successivi furono accolti con grande entusiasmo e produssero un nutrito gruppo di imitatori. Alcuni grandi scrittori, inoltre, presero spunto dall'atmosfera in essi presente per ricrearla nei loro lavori. Questo successe a Jane Austen, estimatrice del filone gotico e delle opere della Radcliffe, in Northanger Abbey nel quale ritroviamo una parodia dell'opera I misteri di Udolpho ma non per disprezzarla quanto per ricordare l'importanza delle prime autrici di romanzi femminili di fine Settecento.
I misteri di Udolpho, forse il miglior romanzo della Radcliffe, fu pubblicato per la prima volta nel 1794 dalla casa editrice G.G. & J. Robinson di Londra. Il romanzo, originariamente pubblicato in quattro volumi, è ambientato nel 1584 e narra la storia di Emily St. Aubert, un'orfana che va a vivere con la zia Madame Cheron. La zia si sposa presto con l'italiano Montoni, che porta la moglie e Emily a Udolpho, separando Emily dal suo innamorato Valancourt. Montoni rinchiude la zia nel castello per costringerla a firmare una carta in cui cede le sue proprietà. Dopo una serie di eventi terribili, Emily riesce a fuggire dal castello, a prendere il controllo delle sue proprietà e a ritrovare Valancourt, con cui si sposa.( Se volete leggere on line il romanzo : Vol.1 www.gutenberg.org/file/33781/33781-h/33781-h.htm; Vol. 2 ww.gutenberg.org/file/33782/33782; -h/33782-h.htm;Vol.3 www.gutenberg.org/file/33783/33783-h/33783-h.htm;   Vol.4 www.gutenberg.orgfile/33784/33784-h/33784-h.htm )
 Ma un difetto che caratterizza la scrittrice , derivante dalla sua cultura illuministica, è sicuramente una deleteria persistenza del razionalismo.
Infatti, dopo aver costruito con diligenza, con vera genialità , intrecci misteriosi, lugubri sfondi, situazioni agghiaccianti, essa stessa ne distingue in gran parte l’effetto con la pretesa di voler dare una spiegazione di tutto, riducendo la storia a un fatto illusorio e improbabile.
Se questa dissipazione provenga da un’intima avversione religiosa al satanismo delle sue creazioni, ai sortilegi che le presuppongono, non è dimostrato;
resta comunque il fatto che l’insistenza sulla controproducente spiegazione del soprannaturale è la prova più lampante che in questa autorevole esponente della narrativa preromantica la ragione non era ancora del tutto sconfessata.
Prolissità e scrupoli razionalistici, se sminuiscono l’impressone di terrore a cui è da
presumersi l’autrice avesse teso e che altrimenti questo romanzo avrebbe in pieno raggiunto, non
riescono tuttavia a svalutare l’importanza delle sue opere.

All’inizio del XIX secolo, il genere gotico fa da modello ad un nuovo tipo di letteratura che
nasce in questi anni e che si sviluppa in seguito all’entusiasmo sempre maggiore con cui vengono
accolte le scoperte scientifiche, atte a migliorare l'esistenza dell'uomo. Si tratta del filone negativo e ammonitore della fantascienza, che nasce da una costola del genere gotico, di cui sfrutta il gusto per le atmosfere piene di mistero e di pericolo allo scopo di mettere in guardia da un’eccessiva fiducia nell’onnipotenza del genere umano.
La figura dello scienziato , tanto cara agli illuministi ,  del ricercatore di una conoscenza proibita, quella che permetterebbe di sconfiggere le malattie e la morte , che di certo è la più grande paura che ognuno possa avere,e si collega direttamente all’idea di conoscenza di tipo alchemico, vale a dire la scoperta dell’elisir di lunga vita, la pietra filosofale, la riproduzione umana;
 tutte scoperte che ergerebbero l’essere umano a divinità, andando contro a tutto ciò che la religione sostiene .
Il capostipite di questo nuovo filone è rappresentato da Frankenstein di Mary Shelley(1818)
All’origine della stesura di Frankenstein c’è una storia piuttosto conosciuta: nell’estate del
1816 a Villa Diodati, la residenza che Lord Byron aveva affittato sul lago di Ginevra,
giungono  John William Polidori, un giovane medico nato a Londra ma di origini italiane: suo padre era segretario di Vittorio Alfieri. Polidori è il medico personale di Byron, e ha sempre mostrato una grande passione per la poesia e per Byron in particolare.
Poco dopo arriva
Percy Bysshe Shelley, l'altro grandissimo poeta inglese. Shelley è sposato con Harriet, ma quella sera del 16 giugno si presenta non con la moglie, ma con una ragazza appena diciannovenne, Mary Wollstonecraft.
Saranno presto raggiunti da un'altra donna, Claire Clermont, fino a qualche tempo prima amante di Lord Byron..
La svolta si ha con l'arrivo, in ritardo, di Matthew Gregory Lewis
, già autore del romanzo gotico "Il monaco" e si comincia così a parlare di storie fantastiche.Lord Byron tirò  fuori dalla libreria un vecchio libro, Phantasmagoria, contenente una raccolta di novelle fantastiche:  in particolare, decisero di sviluppare il tema della creazione della vita; ne nacque una scommessa e da questa Mary ideò e portò a termine la stesura di Frankenstein, ovvero il Moderno Prometeo.
Purtroppo gli anni successivi alla misteriosa serata di Villa Diodati del 1816 saranno tragici per tutti i partecipanti, come in una maledizione:Lo scrittore gotico Matthew Gregory Lewis morirà nel 1818, due anni dopo quella sera, in Giamaica di febbre, a 43 anni.Il medico Polidori romperà poco dopo la sua amicizia con Byron e caduto in depressione si suiciderà nel 1821, a soli 26 anni.Nell'agosto del 1816 (appena due mesi dopo la serata di Villa Diodati) Harriet, moglie di Shelley, si suicida - incinta -nel fiume Serpentine a Londra. Shelley, libero così da legami coniugali, nel dicembre 1816 sposa Mary Wollstonecraft, l'autrice del Frankenstein, e nel 1818 la coppia si sposta in Italia. Pochi anni dopo, nel 1822, Shelley - appena trentenne - morirà annegato nella baia di La Spezia. Il corpo del poeta verrà ritrovato a Viareggio, bruciato ritualmente su una pira, e il cuore - miracolosamente intatto - verrà estratto dal corpo del poeta e conservato da Mary fino alla fine dei suoi giorni. Dopo la tragedia lei tornerà in Inghilterra, dedicandosi completamente alla scrittura fino alla fine dei suoi giorni, nel 1851.La Clermont riuscì nel suo intento di riallacciare la sua relazione con Byron, e nel 1817 (ovvero l'anno successivo) tornò in Inghilterra dove diede alla luce la piccola Allegra, che il poetà riconoscerà come sua figlia. Purtroppo la bambina non supererà i cinque anni di vita. Lord Byron morirà poco dopo, nel 1824, di meningite a soli 36 anni
 Il valore dell’opera della Shelley  è ancora più significativo se si tiene a mente che Mary aveva solo vent’anni quando la pubblicò per la prima volta , era diviso in tre volumi e corredato di una prefazione di Percy Bysshe Shelley.  Seguì una seconda edizione, in due volumi, nel 1823, a cura del padre di Mary, William Godwin. Una terza, nel 1831, con il testo completamente riveduto, è quella su cui si basano tutte le edizioni successive.
Ciò che invece non molti sanno è che all’epoca in cui Mary Shelley scrisse "Frankenstein", fu tentato in Francia un famoso esperimento di creazione di un uomo artificiale, ad opera di Jacques Vaucanson, famoso per avere creato tre automi (un suonatore di flauto, un tamburino e una anatra che digeriva). L’esperimento, tentato anche da altri studiosi, che prevedeva una riproduzione quasi fedele dell’uomo, con i suoi muscoli, organi interni e la circolazione sanguigna, non fu mai portato a termine, ma sicuramente giunse alle orecchie di Mary .
Inoltre  aveva letto le opere di vari autori, tra cui: Beckford, Radcliffe, Lewis, Godwin (suo padre) e Charles Brockden Brown, come anche molti romanzi del terrore tedeschi. Si presume, pertanto, che l’idea del racconto non fu dettata semplicemente dall’incubo che la scrittrice descrive nella sua prefazione come la fonte di ispirazione all’opera, ma sia frutto della convergenza di tutti questi elementi descritti, quindi la lettura di varie opere (bisogna tenere presente l’ambiente intellettuale in cui Mary, figlia di Mary Wollstonecraft e William Godwin, visse), l’attenzione posta in quegli anni al progresso scientifico e l’interesse per i fenomeni paranormali .
Nella vita di Mary Shelley non manca nessuno degli ingredienti di un romanzo d'appendice: nasce a Londra il 30 agosto 1797 dal filosofo William Godwin, uno degli esponenti più importanti del razionalismo anarchico, e da Mary Wollstonecraft, donna forte e determinata fra i primi personaggi della sua epoca a promuovere i diritti della donna. Purtroppo, questa madre così eccezionale che avrebbe potuto sicuramente dare tantissimo alla figlia, morì poco dopo il parto. Godwin si risposerà nel 1821 con una vedova sua conoscente e madre di due figli, la signora Clairmont.
Mary invece incontra durante un soggiorno in Scozia il giovane e geniale poeta ribelle Percy Bysshe Shelley, che sposa nel 1816, appena diciannovenne e dopo una rocambolesca fuga in Svizzera. Alle spalle del poeta si nascondeva una tragedia poiché aveva già perso una prima moglie, Harriet Westbrook, morta suicida e causa della rottura dei suoi rapporti col padre, che non avrebbe mai più visto. L'eccessivo e inquieto poeta inglese diverrà poi celebre per il racconto "La regina Mab" e per il dramma lirico "Prometeo liberato".
Con lui viaggia in Francia, Germania e Olanda.

Nel 1819 Mary ebbe un collasso nervoso dovuto alla morte del figlio William di soli due anni .Nel 1822, dopo essersi trasferiti a La Spezia, Percy Shelley ed un amico, marito di un'amica comune, partirono alla volta di Genova: i due non torneranno più; il corpo del poeta venne rinvenuto tra i flutti il 15 luglio.
Dei figli, il solo Percy Florence sopravvisse e con lui, nel 1823, Mary tornò definitivamente in Inghilterra dove visse   con i proventi del proprio lavoro di scrittrice professionista.
Morì a 53 anni nel 1851
Autrice di vari romanzi, diverrà famosa soprattutto per "Frankenstein o il Prometeo moderno",  compose un'opera breve intitolata "The Assassins", Byron scrisse il racconto "The burial" (che poi venne pubblicato nel 1819 con il titolo "A fragment") si devono naturalmente anche altre opere, alcune della quali precorrono anch'esse temi tipicamente fantascientifici (come "L'ultimo uomo", un romanzo che narra dell'unico superstite di una terribile epidemia che ha cancellato l'intera umanità), novelle che però non raggiunsero mai la fama della sua opera prima:
Nel libro "History of six weeks tour" (Storia di una gita di sei settimane) scritto al ritorno in Inghilterra nel 1817 i coniugi Shelley raccontano del loro vagabondare per l'Europa, e della morte, avvenuta a Venezia nel 1817, del figlio primogenito.
Nel 1819 Mary ebbe un collasso nervoso dovuto alla morte del figlio William di soli due anni .
Brian W. Aldiss, critico inglese e scrittore egli stesso di fantascienza, pone alla base della moderna Fantascienza proprio il romanzo di Mary Shelley ed è indubbio che tutte le storie scritte in seguito e basate sul binomio Creatore-Creatura viaggino sulla falsariga di "Frankenstein".(da biografieonline)
La storia è nota: il dottor Victor Frankenstein è ossessionato dal desiderio di dimostrare che è
possibile creare un essere a cui dare la vita. Incontra, però, numerose difficoltà nel suo cammino,
che riesce alla fine a superare ritirandosi in un paese isolato. Qui ha la possibilità di compiere i suoi
macabri esperimenti, che porta a termine assemblando pezzi di cadaveri trafugati dal cimitero
locale. I suoi sforzi hanno successo, e portano alla creazione di un essere vivente. È importante
sottolineare che il “mostro” nel libro non ha un nome, ma è sempre chiamato semplicemente
“creature”, creatura; è stato il pubblico a ribattezzarlo col nome del suo creatore. Nonostante
l’immagine del mostro che ci è stata trasmessa dai film lo caratterizzi come una figura che emette
solo grugniti e si muove in maniera goffa e minacciosa, la “creatura” è il personaggio più eloquente
e razionale del romanzo. Il suo aspetto terrificante nasconde un animo nobile, che vuole far parte
della comunità in cui vive ed essere accettato dagli altri. Per gli abitanti del villaggio, però, è
impossibile anche solo cercare di stargli vicino: è un corpo deforme in pezzi, sommariamente
ricucito, incapace di ricevere quell’amore che disperatamente richiede. Eppure, la “creatura” è
dotata naturalmente di sentimenti nobili: ha una predisposizione alla bellezza ed è cortese con le
donne. Dato che nessuno vuole occuparsi della sua educazione, si dedica indipendentemente alla
lettura dei classici, in particolare dei romanzi di Goethe. La solitudine in cui vive e l’impossibilità
di entrare a far parte della società civile, tuttavia, lo fanno allontanare dalla sua natura gentile e lo
spingono a vendicarsi. La “creatura” è la massima espressione del “diverso”, dell’emarginato
abbandonato da tutti, persino dalla persona che l’ha creato; tutto questo trasforma la sua energia
positiva in istinto omicida. Non c’è posto per lui in un mondo scandito da regole precise e che non
accetta ciò che esce dagli schemi. Fin dalla prima edizione l’autrice ha scritto una prefazione per
introdurre l’opera; in essa, Mary Shelley ha voluto precisare quali erano i suoi intenti nello scrivere
La narrazione si svolge in forma epistolare. Il primo narratore è l’esploratore Robert Walton,
che fa da tramite tra gli eventi raccontati e il lettore. Le sue lettere danno credibilità alla storia
perché forniscono il punto di vista di una persona che ha vissuto gli eventi e sono lo spunto per una serie di riflessioni su temi importanti trattati nel romanzo, in particolare l’opposizione tra scienza e poesia e le relazioni umane. Walton è un poeta fallito che cerca ora fama come scienziato;
 infatti,arriva nei luoghi dove si svolgono i fatti proprio durante uno dei suoi viaggi scientifici. Come si diceva, Walton è il primo narratore della storia: gli altri due sono Frankenstein e la “creatura”stessa, il cui lungo monologo è riportato dal dottore.
Le intenzioni dell’autrice sono chiare fin dal titolo dell’opera, Frankenstein, ovvero il Moderno PrometeoMary Shelley accomuna il dottor Victor Frankenstein a Prometeo, il Titano
che, nella mitologia greca, prese le parti dell’umanità contro gli dei, dai quali rubò il fuoco con lo
scopo di consegnarlo ai mortali.
Il mercato cinematografico ha attinto a piene mani ai personaggi di Mary Shelley, tanto da produrre una quantità sostanziosa di film, alcuni di ottima qualità, altri di pessima.
Nell’immaginario collettivo il termine "Frankenstein" viene spesso associato all’idea di un mostro dall’intelligenza poco vivace, il cui aspetto terrificante (a causa di una sgradevole testa quadrata dalle cicatrici diffuse e dai singolari inserti metallici) ne giustifica la natura violenta. In realtà, nel romanzo di Mary Shelley (unica vera fonte delle vicende relativa alla "creatura"), Frankenstein è il nome di colui che osa eguagliare il potere divino sconfiggendo la morte, e che a tale scopo dona la vita a un essere composto da parti di cadaveri.



Domenica prossima la terza parte .....

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