venerdì 7 ottobre 2011

ANDREA CAMILLERI: "Il gioco degli specchi " e "Giudici"

Andrea Camilleri 
regista di teatro, televisione, radio e sceneggiatore.
Nato a Porto Empedocle (Agrigento) il 6 settembre 1925, Andrea Camilleri vive da anni a Roma.
Appena conseguita la maturità liceale e non ancora diciottenne assiste allo sbarco degli alleati nella natia Sicilia riportandone un'impressione profonda. Frequenta quindi l'Accademia d'Arte Drammatica (nella quale in seguito insegnerà Istituzioni di Regia) e a partire dal 1949 inizia a lavorare come regista, autore e sceneggiatore, sia per la televisione (celebri le sue riduzioni di polizieschi come "Il Tenente Sheridan" e il "Commissario Maigret"), sia per il teatro (in particolare con opere di Pirandello e Beckett).Col passare degli anni ha affiancato a queste attività principali quella più squisitamente creativa di scrittore. Il suo esordio in questo campo risale precisamente al primo dopoguerra; se dapprima l'impegno nella stesura di romanzi è blando, col tempo si fa decisamente più intenso fino a dedicarvi un'attenzione esclusiva a partire da quando, per sopraggiunti limiti d'età, abbandona il lavoro nel mondo dello spettacolo. Una serie di racconti e poesie gli varranno il premio Saint Vincent.
 Ha insegnato regia presso l’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica. Ha pubblicato numerosi saggi sullo spettacolo e il volume, I teatri stabili in Italia (1898-1918). Il suo primo romanzo, Il corso delle cose, del 1978, è stato trasmesso in tre puntate dalla TV col titolo La mano sugli occhi. Con questa casa editrice ha pubblicato: La strage dimenticata (1984), La stagione della caccia (1992), La bolla di componenda (1993), Il birraio di Preston (1995), Un filo di fumo (1997), Il gioco della mosca (1997), La concessione del telefono (1998), Il corso delle cose (1998), Il re di Girgenti (2001), La presa di Macallè (2003), Privo di titolo (2005), Le pecore e il pastore (2007), Maruzza Musumeci (2007), Il casellante (2008), Il sonaglio (2009), La rizzagliata (2009), Il nipote del Negus (2010, anche in versione audiolibro).

Il grande successo è però arrivato con l'invenzione del personaggio del Commissario Montalbano, protagonista di romanzi che non abbandonano mai le ambientazioni e le atmosfere siciliane e che non fanno alcuna concessione a motivazioni commerciali o a uno stile di più facile lettura. Infatti, dopo "Il corso delle cose" (1978), passato pressoché inosservato, pubblica nel 1980 "Un filo di fumo", primo di una serie di romanzi ambientati nell'immaginaria cittadina siciliana di Vigàta, a cavallo fra la fine dell'800 e l'inizio del '900. In tutti questi romanzi Camilleri dà prova non solo di una straordinaria capacità inventiva, ma riesce a calare i suoi personaggi in un ambiente totalmente inventato e nello stesso tempo realistico, creando dal nulla anche un nuovo linguaggio, una nuova "lingua" (derivata dal dialetto siciliano), che ne fanno un nuovo Gadda.(da biografia online.it)
  La forma dell'acqua (1994), Il cane di terracotta (1996), Il ladro di merendine (1996), La voce del violino (1997), La gita a Tindari (2000), L'odore della notte (2001), Il giro di boa (2003), La pazienza del ragno (2004), La luna di carta (2005), La vampa d'agosto (2006), Le ali della sfinge (2006), La pista di sabbia (2007), Il campo del vasaio (2008), L'età del dubbio (2008), La danza del gabbiano (2009), La caccia al tesoro (2010), Il sorriso di Angelica (2010), Il gioco degli Specchi (2011),
L'odore del diavolo (inedito).
Per dichiarazione dello scrittore, un libro dedicato a Montalbano, intitolato Riccardino, è già stato consegnato alla casa editrice, che però non ha reso nota la data di uscita.


Il gioco degli specchi (ed. Sellerio, 9,80 € su Feltrinelli.it)  è l’ultimo – in ordine di tempo, ma sicuramente non ultimo della serie – romanzo del commissario Montalbano, appena uscito e già in vetta alle classifiche di vendita. Il titolo del libro è l’oggetto principale di quello che troveremo all’interno del racconto, ovvero un gioco di specchi in cui tutto quel che accade sembra fatto apposta per allontanare il commissario dalla verità:lo specchio è la visione mediata del reale, non è la realtà ma il suo riflesso, non il vero ma il verosimile.
L’intreccio tra sogno e reale è sempre più frequente nelle storie di Montalbano. Il commissario invecchia, e alla spavalderia dei primi libri subentra una fragilità mal digerita, mentre la realtà si nasconde dietro una lente appannata che ne distorce i contorni.
Montalbano sogna sogni che confonde con la veglia, e anche durante quest’indagine si perde ad osservare specchi messi lì apposta per distrarlo, mentre il suo acume si spunta e sempre più si affida alla sempre meno spalla ispettore Fazio, i cui consigli e le cui osservazioni diventano indispensabili.
Lo dice anche a se stesso, Montalbano, con una punta di amara rassegnazione, di aver perso un po’ di quello sprint che da giovane gli faceva balzare il cervello alla conclusione giusta, gli dava il dono dell’intuizione felice che gli serviva ad evitare le trappole e ad arrivare alla verità. Adesso la vecchiaia gli ha messo addosso un po’ di ruggine, e più di una volta Montalbano si scopre a domandarsi, atterrito, quando arriverà l’errore non più rimediabile.
Il commissario è inoltre un uomo sempre più esposto al fascino delle belle donne. Sono lontani gli episodi in cui l’eterna fidanzata Livia riempiva le pagine e pretendeva il suo bel posto nel romanzo; ora è solo una nota a margine, quasi un cameo inserito a malincuore tra un ingranaggio e l’altro del meccanismo di narrazione; ogni tanto l’autore ci ricorda che, in quel di Boccadasse, esiste ancora una sempre meno vivida Livia con cui Salvo si abbandona alle inevitabili “sciarratine”.
Già da diversi romanzi Montalbano seduce e si fa sedurre, anche se in verità il suo è più un ruolo da pupo che non da protagonista, quasi che i cattivi di Camilleri avessero ormai imparato che è il gusto per le donne la breccia attraverso cui scardinare le capacità investigative di Montalbano .

La storia inizia  da un deposito, vuoto da mesi, in cui qualcuno ha fatto esplodere una bomba. Perché? Le indagini partono da qui, e arrivano alla casa a fianco, un condominio in cui abitano alcuni pregiudicati, un pezzo grosso mafioso della famiglia dei Sinagra e Stefano Tallarita, che però al momento è in carcere, che è al servizio del primo, Carlo Nicotra. A pochi metri c’è un altro villino ora abitato dai Lombardo, lui rappresentante di computer, lei, Liliana, giovane, bella, fascinosa e furba, che lavora in un negozio di Montelusa. Un giorno lei rimane in panne, e il commissario si offre di darle un passaggio. Quando controlla che cosa non va nella macchina, tuttavia, si accorge che è stata manomessa. Anche qui, perché?
Le storie cominciano ad incrociarsi anche se non si trova un filo comune, ma il legame sembra essere Arturo Tallarita, fratello di Stefano, che lavora nello stesso negozio in cui lavora Liliana. Montalbano, per quanto lei cerchi di sedurlo a causa delle trascuratezze del marito, dopo qualche tentennamento resta come sempre lucido, anche perché ci sono troppi elementi sospetti che gli fanno drizzare le antenne.
Ma è anche vero che tutti questi specchi per le allodole vengono messi per far perdere le tracce di qualcosa, ma cosa? Tanto per complicare la pista, vengono ricevute lettere anonime che indirizzano verso piste improbabili e viene trovato un proiettile nella carrozzeria dell’auto dello stesso commissario. E la tensione da latente diventa sempre più manifesta lungo la narrazione.
Intorno a questo nucleo narrativo ruota l’indagine, e il pout-pourri di personaggi e situazioni che amiamo ritrovare in ogni romanzo di Camilleri e che ci danno quel rilassante senso di familiarità: il giornalista amico Zito, il burocrate questore, i pranzi da Enzo e le passiate post prandiali sino allo scoglio piatto; persino il granchio con cui Montalbano gioca nei momenti di riflessione, davanti al mare che non esiste ma che potrebbe esistere, in una città e in una Sicilia più verosimile che vera.


GIUDICI di A.Camilleri, G.De Cataldo, C.Lucarelli
Giudici", edito da Einaudi Stile Libero nel 2011, è una raccolta di racconti scritti a 6 mani da tre grandi della narrazione nostrana: Andrea Camilleri, Giancarlo De Cataldo e Carlo Lucarelli. Giudici  Come si chiamano quei dolci? – domandò a un cameriere che stava dietro il bancone.
– Cannoli, cillenza.
Possibile che l’avessero riconosciuto?
– Datemene uno.
Se lo mangiò in piedi, al banco. Madonna, che bontà!
– Datemene un altro.
Andò alla cassa per pagare, ma il cassiere gli disse:
– Pagato.
– Pagato?! E da chi? – domandò stupito il giudice.
– Da don Nené Lonero.
Il giudice si voltò a guardare la sala. Da un tavolo dove stavano seduti quattro uomini, due con la coppola e due col cappello, un cinquantino tozzo, baffuto, rossiccio di pelle e pelo si alzò, si cavò il cappello e disse:
– Accettate come segno di benvenuto.

                                            Andrea Camilleri, Il giudice Surra
Tre grandi autori italiani firmano altrettante «storie di giudici, tre racconti che – in modi diversi – guardano alla vita, al coraggio, alla dedizione e all’incoscienza di chi ha a che fare ogni giorno con i rischi e le responsabilità di questo difficilissimo mestiere.
Con le loro parole e con le storie racchiuse in questo volume gli autori tendono a umanizzare una figura che agli occhi della gente è sempre stata imponente. Il giudice, colui che giudica, colui che salvaguarda la gente ma che dalla gente stessa viene temuto scende dal suo podio inquisitorio e diventa persona. Diventa il Giudice Efisio  Surra grazie alla penna di Andrea Camilleri che racconta come, agli albori dell’Italia in una Sicilia già umiliata,  ,il torinese, viene inviato in Sicilia, nel paese di Montelusa, per riorganizzare il tribunale e sostituire il precedente giudice di idee filoborboniche. La scrittura di Camilleri è come sempre gustosa e capace di ricreare alla perfezione il microcosmo tipico dei paesi siciliani. Il giudice Surra è una specie di Candido che catapultato nel corrotto sistema giudiziario di Montelusa, agisce e si muove con estrema concretezza, senza esitazione, ignorando volutamente l'esistenza della mafia, i suoi riti e i suoi codici di comportamento. E per questo trionfa. È un racconto geniale, surreale, che lascia l'amaro in bocca.
La figura del giudice diventa inadeguatezza in La bambina quando Carlo Lucarelli ci porta tra le paura di una giovane donna magistrato che è costretta a vivere di nascosto in una Bologna anni 70’ sfregiata in volto dalla violenza. Ferro, brigadiere, cinquantasei anni di cui trentasette passati in polizia lavora nel servizio scorte. Gli viene assegnata la protezione di un giudice ragazzina, detta appunto La Bambina, per la sua giovane età e la sua corporatura minuta. Sembra un incarico tranquillo, per un poliziotto a un passo dalla pensione ma qualcosa va storto. E si spalanca un burrone sulle aberrazioni dello Stato Italiano che illumina il lettore sulle difficoltà di rappresentare la Legge, difenderla, e sulla credibilità dello Stato stesso.

Il Giudice diventa impotenza ne Il triplo sogno del procuratore, quando Giancarlo De Cataldo scrive della guerra infinita, ai giorni nostri, tra un procuratore e un sindaco potente metafora di una politica corrotta. Ottavio Mandati, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Novere conduce la sua battaglia contro le malefatte del sindaco Pierfiliberto Berazzi-Perdicò. È un racconto provocatorio a suo modo, perché ci interroghiamo sulla sopravvivenza della Democrazia nel nostro Paese.

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