mercoledì 23 gennaio 2013

I 10 LIBRI DELLA SETTIMANA CONSIGLIATI DA IVANO GENTILE

CIAO A TUTTI MI CHIAMO IVANO E AMO MOLTO LEGGERE ,UN PO' PER HOBBY , UN PO' PERCHE' FIGLIO DI DUE INSEGNANTI DI LETTERE E  PER FINIRE  ANCHE PER LAVORO VISTO CHE GESTISCO ASSIEME A MIA MOGLIE UNA LIBRERIA   , SEGUO IL VOSTRO BLOG PER PRENDERE QUALCHE SPUNTO SUI LIBRI PIU'  APPREZZATI, SOPRATTUTTO NEL GENERE FANTASY O URBAN FANTASY VISTO CHE MOLTE DELLE VOSTRE RECENSIONI SONO DI QUEL GENERE .
VOLEVO CONSIGLIARVI 1O LIBRI I PIù VENDUTI NELLA MIA LIBRERIA IN QUESTA SETTIMANA , MI PIACE PENSARE DA AVER CONSIGLIATO UNA BUONA LETTURA A CHI NON SA' COSA LEGGERE ED HA BISOGNO DI UN CONSIGLIO ,D'ALTRONDE E'  IL MIO LAVORO.
1)IL TUTTO MIO  -DI CAMILLERI ANDREA - MONDADORI
2)L'EX AVVOCATO- DI GRISHAM JOHN- MONDADORI
3)VENDETTA DI SANGUE- DI SMITH WILBUR- LONGANESI
4)FAI BEI SOGNI -DI GRAMELLI MASSIMO- LONGANESI
5)L'ULTIMA FUGGITIVA-  CHEVALIER TRACY- NERI POZZA
6)VITA DI PI- DI MARTEL YANN- PIEMME
7)LO HOBBIT- DI TOL KIEN JOHNR.R.
8)LA FIGLIA DEI RICORDI -DI McCOJ- NORD EDITORE
9) CAPODANNO IN GIALLO-DI SELLERIO- EDITORE PALERMO
10) LA SVOLTA -DI CONNELLY MICHAEL- PIEMME.
 
BUONA LETTURA A TUTTI SPERO DI ESSERVI STATO UTILE.

GLI IMMORTALI VIVONO TRA NOI. CI GOVERNANO. CI PUNISCONO. A VOLTE, PERO', S'INNAMORANO. NALINI SINGH TRA LE BRACCIA DELLA NOTTE

FINALMENTE E' USCITO IL TERZO ROMANZO DELLA SERIE CON PROTAGONISTA ELENA DEVERAUX, UNA SERIE CHE HA SCALATO LE CLASSIFICHE AMERICANE ED è STATA TRADOTTA CON GRANDE SUCCESSO IN TUTTO IL MONDO.
ADORORO QUESTA SERIE COMPOSTA DA:
1) IL PROFUMO DEL SANGUE
2) LA CAREZZA DEL BUIO
3) TRA LE BRACCIA DELLA NOTTE

 PER ELENA DEVERAUX , TORNARE A NEW YORK NON SIGNIFICA SOLO RIPRENDERE IL LAVORO DI CACCIATRICE , MA ANCHE FARE I CONTI COI SETTE, I FEDELISSIMI CONSIGLIERI DI RAPHAEL  , UN GRUPPO ADDESTRATO PER PROTEGGERE L'ARCANGELO DA OGNI POSSIBILE MINACCIA....
COMPRESA ELENA; SECONDO LORO, INFATTI , L'AMORE CHE RAPHAEL PROVA PER LEI LO HA RESO PIU' UMANO E, DI CONSEGUENZA, PIU' DEBOLE.
UNA DEBOLEZZA CHE POTREBBE COSTARGLI MOLTO CARA, SOPRATTUTTO ORA CHE LA CITTA' E' SCONVOLTA DA UNA SERIE DI CATASTROFI NATURALI E UN GRUPPO DI VAMPIRI RINNEGATI STA APPROFITTANDO DELLA CONFUSIONE PER SEMINARE ULTERIORE PANICO TRA LA POPOLAZIONE INERME.
PER QUESTO , I SETTE VORREBBERO ALLONTANARE ELENA, SENZA SAPERE CHE ,IN REALTA' , LEI E' L'UNICA CHE PUO' SALVARE RAPHAEL DALLA TERRIBILE MINACCIA CHE GRAVA SU DI LUI.
PERCHE' I TERREMOTI E LE MAREGGIATE CHE SI SONO ABBATTUTI SU NEW YORK SONO I SEGNI CHE PREANNUNCIONO IL RISVEGLIO DI CALIANE, IL PIU' POTENTE PERICOLOSO DEGLI ARCANGELI DORMIENTI, NONCHE' MADRE DI RAPHAEL....


 QUANTI SONO GLI ARCANGELI DORMIENTI?
DOMANDO' ELENA.
TERRORIZZATA.
NESSUNO LO SA CON PRECISIONE, RISPOSE RAPHAEL.
MA TRA DI LORO C'è CALIANE.
SE TUA MADRE DOVESSE SVEGLIARSI ,COSA SUCCEDEREBBE?
ALCUNI PENSANO CHE UN SONNO PROLUNGATO GUARISCA LA FOLLIA.
 QUINDI LEI POTREBBE TORNARE QUELLA DI UN TEMPO.....
MA LA VOCE LO TRADì : NON CI CREDEVA NEMMENO LUI .
SE CALIANE SI FOSSE SVEGLIATA, AVREBBE ANNIENTATO IL GENERE UMANO.

BELLO DECISAMENTE BELLO LA NALINI MIGLIORA SEMPRE PIù ,
L'HO  DIVORATO IN DUE GIORNI E ASPETTO CON ANSIA IL QUARTO CAPITOLO DELLA SAGA PECCATO CHE I TEMPI IN ITALIA SIANO LENTI E DOVRO' ASPETTARE FINO AL PROSSIMO ANNO.
 GIULIA

martedì 22 gennaio 2013

J.R. WARD ALIAS JESSICA BIRD - COLPEVOLE D'AMARE

                                                        L'AUTRICE BEST SELLER DELLA CONFRATERNITA DEL PUGNALE NERO
                                                         TORNA CON UN NUOVO ROMANZO.
 
COLPEVOLE D'AMARE
      LEGGEREDITORE
  UN ROMANZO PER CHI APPREZZA LE SENSAZIONI FORTI
JACK WALKER è FINALMENTE PRONTO PER SMETTERE I PANNI DI PLAYBOY E ABBANDONARE IL FAMIGERATO PASSATO DA 'CATTIVO RAGAZZO', COSì, CON GRANDE GIOIA DI SUA MADRE , SI FIDANZA CON UNA DONNA BENESTANTE.
E ORA LA MADRE PUO' PORTARE AVANTI I SUOI PIANI PER FARLO DIVENTARE , UN GIORNO, GOVERNATORE DEL MASSACHUSETTS.
ANCHE I MIGLIORI PIANI PERO' SPESSO FALLISCONO, E IN QUESTO CASO LA CAUSA DEL DERAGLIAMENTO è LA RESTAURATRICE CALLIE BURKE.
NEL MOMENTO IN CUI JACK POSA GLI OCCHI SU DI LEI SI DIMENTICA TUTTO, ANCHE DELLA SUA FIDANZATA PRATICAMENTE PERFETTA.
DOPO AVER ACQUISTATO A UN 'ASTA IL RITRATTO DI UNO DEI SUOI ANTENATI , JACK ASSUME CALLIE E LA TRASFERISCE A CASA SUA , IN MODO CHE POSSA LAVORARE AL RESTAURO DEL PREZIOSO DIPINTO SENZA ALCUNA INTERRUZIONE.
MA, INASPETTATAMENTE , SIA CALLIE CHE IL DIPINTO NASCONDONO SEGRETI INCONFESSABILI , CHE METTERANNO ALLA PROVA UNA PASSIONE INCONTENIBILE IN GRADO DI SUPERARE OGNI RAZIONALITA'.
 
UN'ALTRA FOLATA DI VENTO SCESE LUNGO LA STRADA, E LA SOLITA CIOCCA DI CAPELLI LE VOLO' IN FACCIA.
SENZA RIFLETTERE , JACK ALLUNGO' LA MANO A SPINGERGLIELA DIETRO L'ORECCHIO.
QUEL SEMPLICE GESTO INTERRUPPE LA SCHERMAGLIA.
CALLIE SCOSTO' LA TESTA DI COLPO, MA LA MANO DELL'UOMO SI MOSSE CON LEI, SEGUENDO LE SERICHE ONDE ROSSE GIù DALLA SPALLA.
LA GUARDO' NEGLI OCCHI,
BRILLAVANO ALLARMATI, MA C'ERA ANCHE DELL'ALTRO.
QUALCOSA DI BOLLENTE.
LO SFIORO' IL PENSIERO CHE DOVEVA STARE MOLTO ATTENTO CON LEI, MA IN QUELL'ISTANTE CALLIE DISCHIUSE LE LABBRA E LA MENTE GLI SI ANNEBBIO'.
IL LABBRO INFERIORE ERA PIù PIENO , E LUOMO AVVERTì IL BISOGNO DI PROVARE LA CONSISTENZA CON IL POLPASTRELLO.
O CON LE LABBRA.
ALL'IMPROVVISO SI RESE CONTO DI ESSERSI SPORTO IN AVANTI , QUASI SUL PUNTO DI BACIARLA .
INDIETREGGIO' RAPIDO, PASSANDOSI UNA MANO TRA I CAPELLI E PENSANDO CHE LA RAGAZZA SEMBRAVA SBALORDITA QUANTO LUI.
INDICANDO IL BIGLIETTO DA VISITA CHE LEI STRINGEVA , RIBADì : CHIAMAMI DOMANI, E SI AFFRETTO' A TORNARE ALLA LIMOUSINE PRIMA CHE POTESSE RESTITUIRGLIELO. NON APPENA SALì IN AUTO ,GETTO UN'OCCHIATA ALL'EDIFICIO FATISCENTE. LA PORTA D'INGRESSO SI STAVA  RICHIUDENDO PROPRIO IN QUELL'ISTANTE.

J.R. WARD HA RAGGIUNTO IL SUCCESSO CON LA SERIE LA CONFRATERNITA DEL PUGNALE NERO E GLI ANGELI CADUTI. OGNI SUA USCITA SCALA LE CLASSIFICHE DEL NEW YORK TIMES E QUELLE DEI PRINCIPALI PAESI EUROPEI , TRA I QUALI FRANCIA, GERMANIA E SPAGNA. IN ITALIA LE SUE SERIE VENGONO PUBBLICATE , CON ENORME FAVORE DEI LETTORI , DA RIZZOLI E MONDOLIBRI.
LEGGEREDITORE HA GIA' PUBBLICATO UNA DONNA INDIMENTICABILE, PONENDO QUESTA GRANDE AUTRICE AL FIANCO DI NOMI  BEST SELLER DEL CALIBRO DI LARA ADRIAN E KRESLEY COLE.   

LA WARD NON DELUDE MAI SEMPLICEMENTE FANTASTICA
BELLA.Z.90

lunedì 21 gennaio 2013

Storia di una ragazza grassa di Brunella Gasperini (2a parte)





 

La sua calda, tenera voce le strizzò il cuore come un grosso limone
dolorante. «Non dirmi cara!», disse disperata. «Non è vero niente».
«Non è vero cosa?», chiese Berto dopo un momento.
«Il bambino! Non è vero che lo aspetto, come ti ha detto Ornella. L'ho
inventato. Ornella ne aspetta uno davvero, e allora io… io l'ho inventato».
«Bambino…», mormorò Berto come se non capisse niente. «Inventato…
perché?».
«Non lo so perché! Sì, lo so! Ero invidiosa del bambino di Ornella, ecco
perché. Invidiosa…».
Lentamente, Berto lasciò ricadere le braccia, e Giovanna tornò ad
affettare ciecamente l'arrosto. In silenzio Berto prese le rose e andò a cercare
un vaso. In silenzio mise l'acqua dentro il vaso e le rose dentro l'acqua. In
silenzio andò a portarle in salotto e tornò in cucina. Lei stava rimestando
tragicamente nella pentola della minestra.
«Giovanna», disse la voce di Berto, calma e triste, «Giovanna, non sei
proprio felice con me? Dico, anche senza bambini?».
Lei alzò gli occhi dorati, colmi di adorazione e di avvilimento. Non
capiva il senso della domanda. Capiva soltanto che Berto non era in collera:
era solo triste, e questo era molto peggio.
«Oh, Berto, ti prego, arrabbiati», supplicò. «Lo so che ti ho deluso in
tutto. Arrabbiati, picchiami, mandami via, ma non essere triste, per piacere!
Non posso sopportarlo!». Le tremava tutta la faccia.
Ci fu un breve, rarefatto silenzio. Lentamente, trattenendo il respiro,
Berto le si avvicinò, e lei riprese a girare il mestolo. Non poteva guardarlo.
«Lascia stare quella pentola!», disse Berto. Adesso sembrava arrabbiato.
«E guardami, accidenti a te!». Era arrabbiato.
Lei ne provò una specie di aspro, crudele sollievo. «Lo so che sono un
macello!», gridò buttando via il mestolo. «Lo so che sono un fallimento.
Non so fare niente di quello che ti piace, non so nuotare, non so ballare, non
so sciare, non so cucinare e non so neanche darti dei bambini! Sono solo una
mucca! Una stupida mucca che non sa fare i vitelli».
E allora accadde una cosa spaventosa: Berto scoppiò a ridere.
Fragorosamente, giocondamente, come se non riuscisse più a tenersi. «Oh
Dio, che scema», diceva soffocato. «Oh Dio, Dio, Dio, che scema!».
Aveva sopportato tante risate in vita sua, Giovanna. Ma questa no. Questa
la buttò giù a singhiozzare sul tavolo di cucina, con le braccia distese, come
una grossa bambina disperata. «Lo so che sono scema! Lo so che sono
ridicola! Qualsiasi cosa faccia, sono e sarò sempre ridicola! Una grassa e
ridicola mucca».
«Adesso basta!», disse Berto, Non rideva più. La prese per una spalla e la
scosse forte. «Guai a te se lo dici ancora. Guai a te se dici ancora mucca alla
mia ragazza».
«La tua rag… quale?», balbettò lei rialzandosi.
«Questa», lui disse. La prese tra le braccia e la strinse contro di sé, con la
sua ciccia e le sue lacrime, come se volesse stritolarla. «Questa qui. Non ne
ho mai avute altre, credo».
«Non… E Ornella?», lei chiese stupidamente,
«Per amor del cielo!», disse Berto inorridito. «Ornella! Chi ti ha detto che
mi piaceva Ornella?».
«N-non so. N-non le volevi bene?».
«Se le volevo bene la sposavo, no?», disse Berto. «Visto che non
aspettava altro. Ma io volevo bene a te, accidenti. E lei lo sapeva. Volevo
bene a te, dannato trepiedi, e cercavo in ogni modo di fartelo capire, ma tu
niente. Sembrava che te ne infischiassi. Non eri mai affettuosa, non dicevi
niente, stavi lì. Avevo un'orribile paura che non mi volessi. Per questo ho
tirato in ballo i bambini, e l'amore che sarebbe venuto in seguito: il tuo
amore. Il mio c'era già e l'avevi davanti al naso da qualcosa come dieci anni.
Ma tu niente. Tu giocavi coi ragazzini».
«Ero tanto grassa», lei disse, con le labbra che tremavano. «Ero tanto
ridicola…».
Lui le prese la faccia tra le mani per guardarla. «Ridicola!», disse.
«Perché sei timida e quieta e dolce, perché hai questi occhi da cerbiatta, e
questo sorriso che mi scioglie il cuore ogni volta che lo vedo? È questo che
chiami ridicolo? Ti sembra che io rida?».
per la prima volta qual era. Grassa e dolce e amata.
«Credo… credo che dovrei sedermi», disse.
Sempre tenendola tra le braccia, lui la guidò in salotto e sedette in
poltrona. Sempre tenendola tra le braccia. «Sai», disse, «Ornella non mi ha
mica detto niente. Non lo sai com'è fatta? Aveva troppo da fare a parlarmi
del suo, di bambino, per parlarmi del tuo».
«E le rose?», chiese Giovanna. Erano lì sul tavolo del salotto, gialle,
profumate e trionfanti. «E la… e la riconoscenza?»
«È difficile da spiegare», Berto disse. «Ma dopo essere stato cinque
minuti con Ornella e la sua parlantina e le sue cliniche e il povero caro
Lorenzo e i brillanti della defunta suocera, ho sentito il bisogno di portarti
delle rose. Non so perché. Credo per chiederti scusa per i bambini che ti
avevo promesso e che non venivano, e per tutti i bucati che fai e gli arrosti
che cuoci e i pavimenti che pulisci, mentre quella là che non vale un'unghia
di te ha due cameriere e una cuoca. Grrrr! L'avrei strozzata. E poi… E poi
grazie, volevo dirti: grazie per avermi sposato, grazie per essere quella che
sei». Le schiacciò la faccia contro la spalla e concluse sottovoce: «Il mio
piccolo, grasso, caro trepiedi».
Lei chiuse gli occhi. Il Signore le aveva negato tutti quei piaceri per
concederle questo, unico e meraviglioso. Grazie, Signore. Non le riuscì di
dir niente. Poi sentì le labbra di Berto sulle ciglia bagnate, sulla guancia,
sulla bocca, e tutto quanto, i ricordi e gli affanni e il passato e il presente e il
futuro, tutto quanto si confuse nella sua testa come una girandola luminosa:
e fu come se in quel dolce, stordito minuto lei vivesse tutti in una volta i
tanti e tanti minuti, giorni e anni felici che non aveva goduto. Dieci anni in
un minuto sono tanti. Per forza le tremavano le ginocchia in quel modo.
Più tardi, stesa nel buio vicino a Berto a contemplare la sua nuova,
incantata felicità, pensava che un giorno forse avrebbe avuto una bambina e
che forse sarebbe stata molto grassa ed avrebbe avuto il complesso ed
avrebbe chiesto un mucchio di piaceri al Signore, e allora lei le avrebbe
raccontato la sua storia, così buffa e triste e bella.
 La storia di una ragazza grassa, timida e amata. Grazie, Signore.
(Fine)

domenica 20 gennaio 2013

A NUDO PER TE -IL ROMANZO EROTICO IN TESTA ALLE CLASSIFICHE AMERICANE

A NUDO PER TE
THE CROSSFIRE TRILOGY
 DI SYLVIA DAY
BESTSELLER INTERNAZIONALE, MILIONI DI COPIE VENDUTE NEL MONDO
 SEI LA MIA PASSIONE
E LA MIA OSSESSIONE....
AL PRIMO POSTO IN CLASSIFICA SUL NEW YORK TIMES
IN ITALIA PUBBLICATO DALLA MONDADORI
VI ASSICURO CHE QUANDO SI TRATTA DI RACCONTARE LA PASSIONE ROVENTE E IL DESIDERIO SESSUALE, SYLVIA DAY NON HA RIVALI.
 GIDEON CROSS ENTRò NELLA MIA VITA COME UN LAMPO NELL'OSCURITà....
 LEI è EVA TRAMELL, GIOVANE NEOLAUREATA CHE STA PER INIZIARE IL SUO PRIMO LAVORO IN UN'IMPORTANTE AGENZIA PUBBLICITARIA A MANHATTAN.
LUI è GIDEON CROSS, CARISMATICO E AFFASCINANTE UOMO D'AFFARI , PROPRIETARIO DELL' AGENZIA E DEL LUSSUOSO PALAZZO IN CUI ENTRAMBI LAVORANO.
QUANDO SI INCONTRANO , L'ATTRAZIONE TRA LORO è ISTANTANEA E IRRESISTIBILE , DI QUELLE CHE NON LASCIANO SCAMPO.
GIDEON DESIDERA EVA SOPRA OGNI COSA, MA RIFIUTA QUALUNQUE COINVOLGIMENTO SENTIMENTALE , PERCHè NON VUOLE MESCOLARE SESSO E AMORE.
EVA, DAL CANTO SUO ,è TRAVOLTA DA UNA PASSIONE CHE NON PENSAVA AVREBBE MAI PROVATO, MA NON ACCETTA DI FARSI TRATTARE COME UN SEMPLICE OGGETTO DEL DESIDERIO O UNA TRATTATIVA D'AFFARI DA PORTARE A TERMINE RAPIDAMENTE E CON SUCCESSO, COSA A CUI LUI è ABITUATO DA SEMPRE.
ENTRAMBI DEVONO FARE I CONTI CON UN PASSATO DIFFICILE E TORMENTATO, E QUANDO INIZIA A FARSI STRADA UN SENTIMENTO PIù PROFONDO, LE BARIERE CHE HANNO FATICOSAMENTE COSTRUITO NEGLI ANNI PER PROTEGGERSI RISCHIANO INEVITABILMENTE DI CROLLARE.
SULLO SFONDO DELLA NEW YORK SFAVILLANTE DELL'ALTA FINANZA , DOVE APPARENZA E RICCHEZZA CONTANO DI PIù DI OGNI ALTRA COSA, EVA E GIDEON SONO COSTRETTI A METTERSI TOTALMENTE IN GIOCO E A LASCIARSI ANDARE ALLA LORO OSSESSIONE.
  A NUDO PER TE è IL PRIMO ROMANZO DELLA CROSSFIRE TRILOGY CHE HA RAGGIUNTO SUBITO I VERTICI DELLE CLASSIFICHE AMERICANE E INGLESI, DIVENTANDO IN POCHISSIME SETTIMANE UN BESTSELLER INTERNAZIONALE.
 UNA STORIA UNICA E INDIMENTICABILE , UN MIX ESPLOSIVO DI EROTISMO E SEDUZIONE : A NUDO PER TE è QUESTO E MOLTO DI PIù.
www.sylviaday.com
www.facebook.com/AuthorSylviaSay
www.twitter.com/SylDay

  CIAO DA PAOLA77.

sabato 19 gennaio 2013

Quello che mi lega a te di Beth Kery- Uno dei romanzi erotici più letti e amati in america dopo cinquanta sfumature.

 UN ROMANZO EROTICO CHE Dà DIPENDENZA....
A VOLTE L'ATTRAZIONE SCATTA IN UN ISTANTE.
E T'INCATENA PER SEMPRE.
LA STORIA DI UNA TENTAZIONE CUI NESSUNA DONNA VORREBBE RESISTERE.
E DELL' AMORE CHE TUTTE VORREMMO VIVERE.
LE REGOLE DELL'ATTRAZIONE SONO LE PIù DIFFICILI DA TRASGREDIRE.
MA CHe SUCCEDE QUANDO  è L'AMORE A PRENDERE IL CONTROLLO?

E' UN PARTY ESCLUSIVO QUELLO CUI FRANCESCA ARNO, STUDENTESSA D'ARTE , PARTECIPA STASERA .
ALL'INTERNO DEL GRATTACIELO SEDE DELLA NOBLE ENTERPRISE , CON VISTA SULLE MILLE LUCI DI CHICAGO, TRA PERSONE ELEGANTI E CALICI DI CHAMPAGNE, FRANCESCA NON SI SENTE ESATTAMENTE A SUO AGIO.
EPPURE LA FESTA è PER LEI, VISTO CHE è STATA SCELTA PER DECORARE CON UN DIPINTO IL MAESTOSO ATRIO DELL'EDIFICIO.
MA ECCO CHE, ALL'IMPROVVISO , IN SALA COMPARE UN UOMO, ED è COME SE IL MONDO SI FERMASSE .
IMPECCABILE NEL SUO COSTOSISSIMO ABITO, IL SORRISO ENIGMATICO COME QUELLO DI RYAN GOSLING E DUE OCCHI CHE TI INCATENANO :è LUI ,IL GIOVANE E QUASI LEGGENDARIO IAN NOBLE, CAPO DELLA SUA AZIENDA MILIONARIA CREATA DAL NULLA, SOTTO GLI SGUARDI DI TUTTE LE DONNE PRESENTI , SI STA DIRIGENDO PROPRIO VERSO FRANCESCA.....
QUALCOSA LI LEGA ALL'ISTANTE : UN'ATTRAZIONE IMMEDIATA , FORTISSIMA E TERRIBILMENTE FISICA.
PER LEI è LA PRIMA VOLTA : UN 'ECCITAZIONE COSì NON L'AVEVA MAI PROVATA , E NE è DEL TUTTO POSSEDUTA.
PER LUI, è L'INCONTRO CHE ASPETTAVA DA TEMPO: L 'ìNNOCENZA DI QUESTA RAGAZZA COSì BELLA,COSì INESPERTA , LO ACCENDE E LO SEDUCE.
DA QUELLA SERA FRANCESCA CEDERà PIAN PIANO A TUTTE LE TENTAZIONI, ANCHE LE PIù PERICOLOSE , E A TUTTE LE PROPOSTE , ANCHE LE PIù INDECENTI, SENTENDOSI SEMPRE PIù PERDUTA.
E SEMPRE PIù CONQUISTATA DA QUEST' UOMO E DAL SUO IRRESISTIBILE MIX DI ARROGANZA MASCHILE E GALANTERIA D'ALTRI TEMPI.
PIAN PIANO , FRANCESCA S'IMPADRONIRà DEI MOLTI SEGRETI DI IAN NOBLE, FINCHè , NELLA MAGIA DELLA CITTà PIù ROMANTICA DEL MONDO, A PRENDERE IL CONTROLLO SARà L'UNICO LEGAME CHE CONTA DEVVERO, E PER SEMPRE: L'AMORE.

BETH KERY VIVE A CHICAGO DOVE SI DESTREGGIA TRA LA CARRIERA DI SCRITTRICE , L'AMORE PER LA CITTà E L'ARTE, E UNA FAMIGLIA PIUTTOSTO IMPEGNATIVA.
QUELLO CHE MI LEGA A TE, BESTSELLER DI AMAZON E DEL NEW YORK TIMES, è STATO UNO DEI ROMANZI EROTICI PIù LETTI E AMATI IN AMERICA DOPO CINQUANTA SFUMATURE.

martedì 15 gennaio 2013

Storia di una ragazza grassa di Brunella Gasperini

  In memoria di  Brunella


Storia di una ragazza grassa

  racconto di Brunella Gasperini 
  Pubblicato nel volume di RACCONTI D' AMORE
allegato n. 33 di Annabella del 14/08/1982 (pp. 14 - 36)
 
 



«Nascerà in gennaio», disse Ornella. Si accese una sigaretta e buttò fuori
una breve, noncurante nuvola di fumo. Non sembrava una futura madre che
parla del suo futuro figlio. Sembrava un'indossatrice provetta che parla della
sua prossima sfilata. Assestò meglio nella poltrona il lungo corpo disinvolto,
e accavallò le gambe. Lunghe, agili e disinvolte anche quelle. «Lorenzo,
povero caro, è pazzo di gioia».
Spiaccicata nella poltrona di fronte, grassa e sudata, Giovanna si sentiva
più che mai simile a una giovane mucca infelice.
Ornella buttò fuori un'altra nuvola. «Io preferirei un maschio; tanto meno
impegnativo, trovo. Ma Lorenzo, povero caro, vorrebbe una femmina,
perché fosse proprio uguale a me».
Nella testa depressa di Giovanna guizzò la visione di una neonata
lunghissima e agilissima, che accavallava le gambe e fumava, emettendo
rapidi e disinvolti uè uè.
“Sei maligna, Giovanna”, si disse.

“Sei
invidiosa”. I suoi grandi languidi
occhi dorati, pieni di timidezza, d'umorismo e di malinconia, presero
un'espressione spaventata e supplichevole. “Signore, fa' che non misucceda”, pregò. “Grassa, goffa, incapace, ma non invidiosa. Per piacere,Signore”.



Non aveva mai invidiato Ornella. L'aveva solo umilmente e
accoratamente ammirata, proprio come umilmente e accoratamente aveva
amato Berto, fin dall'adolescenza.
Non era stata un'adolescenza molto felice.
Giovanna era una ragazzina molto timida, molto tranquilla e assolutamente
priva di fiducia in se stessa, dato che nessuno le aveva mai dato motivo di
averne: non aveva mai conosciuto sua madre, che era morta mettendola al
mondo, e suo padre era un uomo abbastanza ricco, abbastanza buono e
molto occupato, che le voleva anche bene a modo suo, ma non era mai
riuscito a perdonarle del tutto due cose: prima, di aver causato con la propria
nascita la morte della bella, giovane, gaia moglie che aveva adorato; poi di
essere grassa, lenta e taciturna mentre sua madre era stata snella, impulsiva e
vivace. La casa era piena di fotografie della mamma, e Giovanna, quando
suo padre era fuori, passava delle ore a guardarle, pregando
appassionatamente tra sé:
“Signore, fammi dimagrire; Signore, fammi
diventare svelta e vivace; Signore, fa' che il papà possa essere orgoglioso di
me. Per piacere, Signore”. Invece diventava più grassa, e più mortificata di
esserlo, e di conseguenza sempre più goffa, schiva e taciturna. E suo padre
era sempre meno orgoglioso di lei. “Questa ragazza è apatica”, diceva,
sfogandosi con le zie, che erano tutte snelle e vivaci anche loro. “Forse sarà
per via di tutta quella ciccia che la ricopre, non so, ma non sente niente. Non
è mai espansiva, non dice mai niente, sta lì”. E lei diventava sempre meno
espansiva, stava sempre più lì.
Ma sarebbe andata nel fuoco per suo padre.
D'estate, il papà la mandava da una zia zitella che aveva una villetta su
una piccola spiaggia del mar Ligure, e da quando, su quella spiaggia,
Giovanna aveva conosciuto Berto, la sua vita era totalmente cambiata. Se in
meglio o in peggio, non avrebbe saputo dirlo. Berto era l'unica persona che
fosse mai stata veramente gentile con lei; l'unica persona che mostrasse di
godere veramente della sua compagnia, così com'era. E questo la riempiva di
una lancinante gratitudine, ma anche di lancinanti sofferenze. Perché è
terribile, quando si è una ridicola cicciona, amare un ragazzo che non è solo
meravigliosamente buono, ma anche meravigliosamente alto e snello. Berto
aveva tanta pazienza con lei, passava delle ore a farle compagnia, le aveva
presentato tutti i suoi amici e tutte le sue amiche:
vivaci e disinvolte ragazzine milanesi, molto diverse da lei che era sempre vissuta in provincia.
Specialmente Ornella: Ornella che era sottile, brillante e loquace; Ornella
che nuotava come un pesce, correva come una freccia, ballava come una
silfide, sempre la prima in ogni gioco, in ogni festa. E sempre vicina a Berto.
«Comunque», stava dicendo adesso Ornella, «maschio o femmina non mi
fa differenza. Gli orecchini di brillanti della mia defunta suocera mi spettano
in ogni caso».
E adesso nella testa di Giovanna la neonata agilissima e fumatrice si
adornava di due orecchini di brillanti grossi come tazze. Giovanna temette di
mettersi a ridere stupidamente. “Sto diventando isterica. Signore, per
piacere, non isterica”. Ornella continuava a parlare velocemente: maschio,
femmina, clinica modello, parto indolore, brillanti e defunte suocere, tutto
mescolato. Ecco a che cosa si riduceva, per Ornella, l'attesa di un figlio:
quella che per lei, Giovanna, era preghiera e umiltà e affanno e disperazione,
da un anno intero. Non era giusto. Non era proprio giusto, ecco. Per Ornella
era sempre stato tutto facile, mentre per lei…
La faccia di Ornella e la neonata con gli orecchini, il salottino e le tazze
del tè scomparvero, e davanti agli occhi appannati di Giovanna ci fu una
vecchia spiaggia del mar Ligure, e una Giovanna di quattordici anni, grassa,
lucida e spelacchiata (non diventava mai nera, ma solo terribilmente
spelacchiata), seduta in mare con un'aria circospetta.
«Ma guardatela!», diceva Berto. «Questa ha preso il mare per una
bagnarola. Avanti, trepiedi, vieni qui che ti insegno».
Le aveva insegnato anche il giorno prima. Lei aveva ascoltato avidamente
i suoi consigli (“Signore, fa' che impari, per piacere”), aveva osservato il
movimento delle sue gambe e delle sue braccia, e aveva coscienziosamente
tentato di imitarlo, ma appena s'era trovata l'acqua sotto il mento, per
qualche ignota ragione si era trasformata in un goffo fagotto starnazzante e
stralunato, che sbatteva grasse gambe e grasse braccia dappertutto,
ingurgitando ettolitri d'acqua salata.
«Cielo!», diceva Ornella, piegata in due dal ridere. «Sembra una foca col
mal di mare».
Erano tutti piegati in due dal ridere. E anche lei, quando aveva finito di
gorgogliare e di tossire ed era riuscita a capire dove fossero i suoi piedi e
dove la sua testa, aveva riso.


Sono una foca», aveva detto placidamente.

«Col mal di mare». E placidamente con tutta la sua ciccia e la sua voglia di
vomitare e di piangere, era tornata in secco. Sempre sorridendo. Ma dopo, a
casa! Buttata sul letto, con le braccia intorno al cuscino inzuppato di lacrime,
aveva sentito il campanile vicino suonare tante e tante ore crudeli. “Signore,
perché mi hai fatto grassa…”.

E adesso Berto voleva ricominciare le lezioni. «Su, vieni. Ti tengo su io,
non aver paura».

Non aveva paura. A diciassette anni, Berto era il miglior nuotatore della
spiaggia, oltre che il ragazzo più forte e più bello del mondo. Per fargli
piacere lei si sentiva pronta a traversare l'Atlantico, e anche ad affogare, ma
non poteva rendersi di nuovo ridicola di fronte a lui.
 Questo proprio non poteva farlo.Sto tanto bene così», gli disse, muovendo appena l'acqua intorno ai fianchi.



«Dai, Berto: lasciala perdere e vieni!», chiamava Ornella.
«Vuoi dire che non t'importa di imparare a nuotare?», chiese Berto. «Ci
divertiremmo, insieme».
Era buono… Era buono e gentile e aveva pietà di lei, e lei non voleva.
Aggrappandosi con le unghie e coi denti al suo sconsolato orgoglio di
cicciona quattordicenne, Giovanna sorrise: «Grazie, Berto», disse. «Ma io
mi diverto di più qui, in mezzo ai bambini piccoli. Per me il mare è una
bagnarola».
Senza più insistere, Berto si allontanò con Ornella verso il largo, e
Giovanna continuò a fare cif cif coi bambini. Senza mai alzare la testa.


 
Il quadro si dissolse e fu sostituito da un altro: una rotonda, un
grammofono, e una Giovanna di diciassette anni, sempre grassa, sempre
lucida e sempre spelacchiata, seduta in un angolo a raccontare una storia al
bambino del barista, intanto che gli altri ballavano. Tra gli altri c'erano anche
Berto e Ornella, e ballavano quasi sempre insieme.
«Non vuoi riprovare, Giovanna?», chiese ancora una volta Berto,
passandole vicino. «Mi piacerebbe proprio che imparassi»
Anche a lei sarebbe piaciuto. Stare tra le braccia di Berto, sia pure
soltanto per ballare, rappresentava il più audace, meraviglioso e crudele di
tutti i suoi sogni. E così, il giorno prima ci aveva provato. Si augurava
soltanto di riuscire a dimenticarlo presto. Ma i piedi di Berto non se ne
sarebbero dimenticati mai. Il sogno audace e meraviglioso s'era tradotto in
un macello di pestoni, di sudore, di bofonchiamenti e di panico.
Non aveva
orecchio, non sentiva il tempo, non sentiva niente: il suo corpo era una
massa di gelatina terrorizzata e ogni singola gamba s'era trasformata in un
carro armato senza pilota. «Cielo!», gridava Ornella sopra le risate
apocalittiche degli altri. «Sembra una paralitica che ha mangiato troppo».
Come sempre, lei aveva riso, la sua pigra, placida risata. E come sempre, a
casa aveva abbracciato il cuscino e desiderato di essere morta. Grassa,
ridicola e morta.
Mai più, per niente al mondo, avrebbe voluto riprovare a ballare con
Berto. «No, grazie», gli disse, «Si fa troppa fatica. Si suda troppo. E poi non
ci provo nessun gusto. Preferisco raccontare le storie a Baciccin».
Berto ricominciò a ballare con Ornella, e tutti si voltavano a guardarli. Il
leggero, duttile corpo di Ornella sembrava fatto apposta per ballare. E per
stare tra le braccia di Berto.
Distogliendo lo sguardo, Giovanna ricominciò a raccontare: «E allora il
lupo, che era un furbacchione, disse al Gobin-Gobetto…». Persino sull'avida
faccetta in ascolto di Baciccin adesso le pareva di vedersi riflessa, così come
sentiva di essere: orribilmente grassa, orribilmente goffa, orribilmente
infelice.
Baciccin e la rotonda scomparvero, e un'altra scena si mise a fuoco: una
discesa coperta di neve e una Giovanna infagottata in un enorme costume da
sci color can-che-scappa, ferma in cima a guardare Ornella e Berto che
saettavano giù a zig-zag. Arrivati in fondo si fermarono con un cristiania
impressionante.
«Dai, vieni giù!», gridò Ornella, snella e decorativa nel suo attillato
costumino azzurro. «Piegati in avanti e giù».
Con una espressione accanita sulla faccia (“Signore, fammi arrivare in
fondo, per piacere”), Giovanna si piegò in avanti.
Il Signore la fece arrivare in fondo. Come un barile. Seminando intorno
bastoncini, sci, guanti, berretto e terrore.
«La valanga!», gridavano dal basso. «Si salvi chi può!»
Berto riuscì a fermarla. Ma ci vollero quattro persone per rimetterla in
piedi, lei e i suoi ottanta chili e tutta la neve che aveva in testa, negli occhi,
in bocca e nelle tasche.
«Avanti, torniamo su, trepiedi», disse Berto. «La prossima discesa la farai
con me».
Ma, prima di rifare la discesa, bisognava fare la salita. E far andare in
salita una valanga non è un'impresa da poco. Ci vollero due persone a tirarla,
due a spingerla (“e-hop! e-hop!”), altre due a raccogliere quello che
seminava di dietro, e circa mezz'ora di tempo. «Cielo!», trillava Ornella
guizzando intorno tra artistiche nuvolette di neve. «Pare un ippopotamo che
scala il K2».
«E adesso», disse Berto quando l'ippopotamo esausto fu scodellato in
cima al K2, «stammi bene a sentire. Metti gli sci in questo modo, e…»
«No, grazie», disse l'ippopotamo. «Ne ho abbastanza».
«Ma non vuoi imparare? Provaci. Per farmi un piacere, Gio».
Per fargli un piacere lei si sarebbe buttata a capofitto in un burrone. Ma
non poteva fare l'ippopotamo davanti a lui. «No, davvero, Berto», disse. «Su
e giù, su e giù, chi me lo fa fare? Gli sport invernali non sono fatti per me.
Toglietemi questi cosi dai piedi, per piacere. Vado a fare i pupazzi di neve
coi ragazzini».
I pupazzi di neve e le sue lacrime ringoiate svanirono per lasciare di
nuovo il posto alla vecchia spiaggia, e a una Giovanna di ventun anni seduta
sulla scogliera bassa vicino a Berto che pescava. Era un tramonto d'agosto
rosso e lento, ed era la vigilia della partenza di Berto. Non era più uno
studente, ormai, faceva l'ingegnere in una piccola industria, e le sue vacanze
si riducevano a due misere settimane. Il cuore di Giovanna era gonfio e
pesante, per le solite vecchie ragioni e per un'altra recente, incredibile
ragione: Ornella si era improvvisamente fidanzata con Lorenzo Rosselli.
Essere amata da Berto e preferirgli un tipo anemico e sdolcinato come
Lorenzo! “La vita è cattiva”, pensava Giovanna guardando l'ultimo
barbaglio di sole che non si decideva a inabissarsi. “La vita è stupida e
ingiusta”. Il barbaglio scomparve, e Giovanna si voltò di nuovo a guardare
Berto di sottecchi. Aveva un'aria così grave e concentrata… Il cuore di
Giovanna si riempì di tenerezza e di dolore. Se avesse almeno potuto
consolarlo… Ma una cicciona non può consolare nessuno.
«Giovanna», disse in quel momento Berto, senza voltarsi. Sembrava uno
che sta per buttarsi dal settimo piano. «Giovanna, io… Vorresti sposarmi?»
«Spo-sposarti?», esalò Giovanna, in crescendo
«Non è una brutta parola», disse Berto. «Tanti lo fanno. Anche persone
per bene». Cercava di scherzare, ma si capiva che non ne aveva voglia.
«Come deve soffrire!», pensò Giovanna. «Come deve amarla, se per
averla perduta pensa di sposare una come me». Era buono, era affezionato,
era infelice, ed aveva pietà di lei. Ma questo non bastava per legarsi tutta la
vita a una cicciona.
«Io penso», gli disse sottovoce, «che si dovrebbe sposarsi solo per
amore».
Berto non rispose subito. Cambiò l'esca alla lenza, e aveva una faccia
ancora più triste. «L'amore può venire in seguito», disse infine, sempre senza
guardarla.
Lei scosse la testa. «Sai bene di no», disse con dolore.
Berto inghiottì. «Ma non c'è solo l'amore», disse in fretta. «Ci sono altre
cose. I bambini, per esempio…»
I bambini. Questa era l'unica cosa che avevano in comune: l'amore per i
bambini. Certo lui pensava che essendo così grassa e placida, gliene avrebbe
fatti un mucchio. Che romantica proposta di matrimonio. “Signore”, pregò
Giovanna, “aiutami a dirgli di no. Per piacere, aiutami, Signore”. Ma non
riusciva a parlare.
Allora Berto si voltò e le mise una mano sul braccio. «Ti prego…
Staremo bene insieme, vedrai. Io… Ti prego, Gio».
Era lì, bello, grande e meraviglioso, e la pregava di sposarlo. Solo perché
le era affezionato, solo perché voleva dei bambini, e perché quella che lui
amava sposava un altro… Ma la pregava. “O infine”, le suggerì il suo
malinconico umorismo, “amore o non amore ti sposa, no? Cosa pretendi,
cicciona?”. Avrebbe potuto stargli sempre vicina… Sentire la sua voce e
vedere i suoi cari occhi marrone e forse tenergli la mano quando dormiva, e
respirare l'aria che lui respirava, sempre. La tentazione era troppo forte e
abbagliante per il suo cuore gonfio e assetato. Non aveva mai avuto tanta
voglia di piangere, ma invece sorrise.
«Va bene, Berto», disse. «Avremo un sacco di bambini. Spero che non
diventeranno tanto grassi».
Così l'aveva sposato. Da più di un anno. E l'aveva deluso, in tutto.
Berto aveva il diritto di aspettarsi che lei, essendo una grassa ragazza di
provincia, fosse una brava massaia, oltre che una madre prolifica. Ma in casa
del padre di Giovanna c'era sempre stata una governante bravissima e
gelosissima dei mestieri suoi, che non le aveva mai insegnato niente.
Neanche a cucinare un uovo. “Signore, fa' che diventi una brava massaia”,
pregava Giovanna nei primi tempi di matrimonio. “Signore, per piacere”.
Ma l'ansia di essere brava e il terrore di non esserlo rendevano tutto
spaventosamente difficile.
«I pavimenti, cara?», diceva Ornella, che intanto si era sposata anche lei e
veniva a trovarla circa una volta al mese. «Metti giù la cera con uno straccio,
ci passi sopra lo spazzolone, e il pavimento è uno specchio». A Giovanna
non veniva mai fuori uno specchio, ma una carta geografica appiccicosa.
«Il bucato, tesoro?», diceva Ornella. «Prendi uno di quegli affarini in
polvere che lavano da soli, lo sciogli nell'acqua calda, ci metti dentro le
camicie, e ti vengono fuori più bianche del bianco. Lo dicono anche al
cinema». Ma con Giovanna quegli affarini in polvere si rifiutavano di lavare
da soli: e le camicie di Berto, quando uscivano dalla tinozza, non erano
bianche più del bianco, ma striate come zebre.
«Il macellaio non ti serve bene?», diceva Ornella. «E tu tiragli la carne in
testa, è semplice». Quando il macellaio le dava degli indefinibili grovigli di
nervi, grasso e polpa itterica, Giovanna diceva timidamente: «Scusi, non è
un po' mista, forse?» «Mista!», diceva il macellaio, guardandola con
profondo e oltraggiato compatimento. «Le do il pezzetto più bello di tutto il
mio bue, privandone le mie migliori clienti, e lei dice che è misto! Vada
vada che l'ho servita fin troppo bene, cara la mia sposona». «Grazie», diceva
la sposona prendendo il groviglio. «Scusi tanto, signore».
«Cucinare, cara?», diceva Ornella. «Prenditi un manuale, no? Di leggere
sarai capace, tesoro! O forse no?». Il manuale l'aveva, e leggere sapeva. Ma
per qualche ignota ragione, sebbene lei supplicasse ogni volta il manuale, le
pentole e il Signore di aiutarla, le sue pietanze non assomigliavano mai alle
illustrazioni del libro, ma piuttosto ai risultati di un'esplosione atomica.
Berto mangiava lo stesso, e voracemente, ma lei si sentiva la più disastrosa e
avvilita moglie della terra.
Berto era buono, e non si lamentava mai. Ma lei vedeva bene che ogni
tanto aveva l'aria triste, e si sentiva orribilmente colpevole. “Signore, fammi
avere un bambino!”, implorava appena si svegliava, e prima di
addormentarsi, e mentre lottava con le pentole e i pavimenti e il bucato, e
sempre. “Signore, fammi avere un bambino! Per piacere, Signore”. Niente.
Ogni mese andava dall'ostetrico, invano. Berto l'accompagnava e aveva l'aria
sempre più triste. “L'ho deluso in tutto”, pensava lei oppressa. “Sono una
palla legata al suo piede. Una palla grassa e sterile”. Cercava di non dargli
fastidio, di lasciarlo uscire sempre solo, di parlare e muoversi il meno
possibile; ma ogni tanto la faccia di Berto le ricordava quella di suo padre
quando diceva: “Questa ragazza è apatica. Non sente niente, non dice niente,
sta lì”. Lei sarebbe andata mille volte nel fuoco per Berto. Ma non sarebbe
servito. Serviva dargli un figlio, e quello non veniva.
«E tu, tesoro?». La voce di Ornella la tirò fuori dai suoi ricordi e dalle sue
cupe meditazioni. Sicuro, era qui seduta in salotto, davanti a lei c'era
Ornella, e Ornella diceva: «E tu, tesoro? Niente novità? Come mai? Berto
voleva uno sterminio di bambini. Cos'è, ha cambiato idea? O c'è qualche
cosa che non va, forse?». Soffiò in alto una nuvola di fumo, e in quella
nuvoletta parve a Giovanna di veder salire i riposti pensieri di Ornella, scritti
in caratteri gotici: “Quel povero Berto”, diceva il fumetto. “Guarda che fine
ha fatto, perché io non l'ho voluto. E tu non ti vergogni di aver approfittato
di un momento di sconforto, cicciona? Non ti vergogni, foca, paralitica,
valanga e ippopotamo? Non sai fare niente di quello che gli piace, non sai
nuotare, non sai ballare, non sai cucinare, non sai fare bambini, non ti
vergogni? Non lo vedi che sembri una mucca? E chiedo scusa alle mucche.
Quelle, almeno, sanno fare i vitelli”.
Il fumetto si disperse e Giovanna sentì che dentro di lei stava succedendo
qualcosa. Anni di umiliazioni e di patemi, anni di solitudine e di lacrime
ringoiate stavano venendo su dentro di lei, schiumando e fermentando.
Venivano su, su, su… e il tappo stava per saltare.
“Signore, ferma il tappo!”,pregò atterrita.
 “Signore, fermalo, per piacere!”. E mentre lo pensava, il
tappo era già saltato, e lei sentiva la propria voce, squillante, disinvolta,
assolutamente irriconoscibile, che diceva: «Anzi, va tutto
meravigliosamente! Berto è così caro e appassionato e pieno di premure…
Andiamo sempre a ballare, non te l'ho detto? Però mangiamo sempre a casa
perché Berto dice che in nessun ristorante sanno cucinare bene come me. E
aspetto anch'io un bambino, naturalmente! Non te l'ho detto? Nascerà prima
del tuo». Attraverso una specie di pazza nebbiolina vedeva la faccia
sbalordita di Ornella, e non poteva più fermarsi. Come un fiume quando si
rompe una diga. «Anch'io preferirei un maschio, ma Berto dice che
preferisce una bambina perché possa assomigliarmi come una goccia di
acqua in tutto, e io dico…». E avanti, come l'alluvione del Polesine.
Lei che era timida e schiva e stava sempre zitta.
Parlò ininterrottamente per un quarto d'ora;
come avrebbero chiamato il maschio, e come avrebbero
chiamato la femmina, e la culla col carillon che avrebbero preso, e quello
che diceva l'ostetrico, e quello che diceva lei; e le voglie che aveva, e forse
sarebbero stati due gemelli, e allora…
Appena si interruppe per rifiatare, Ornella si congedò.
Tutta sorrisi, complimenti e «che bellezza, tesoro»,
 ma con le narici che tremavano dal dispetto.
Appena la porta si fu chiusa alle sue spalle, il fiume in piena rientrò negli
argini, e Giovanna rientrò in se stessa, all'esaltazione e alla falsa euforia
subentrò un agghiacciato sbalordimento. “Sono impazzita. Anche pazza
dovevo diventare, adesso”. Si avvicinò alla finestra e appoggiò la fronte ai
vetri, cercando di non piangere. Doveva preparare il pranzo, altro che
piangere. Tra poco Berto sarebbe tornato e… Eccolo là! Era sceso in quel
momento dal tram, e adesso stava traversando il piazzale verso casa. Proprio
mentre Ornella, uscendo, lo traversava in senso inverso. «Oh, no!», gemette
Giovanna, chiudendo gli occhi.
Quando li riaprì, Ornella e Berto s'erano già visti e salutati, e lui la stava
accompagnando dall'altra parte della piazza, verso il posteggio dei tassì. E
adesso Ornella glielo avrebbe detto. Giovanna tornò a chiudere gli occhi,
stringendoli forte. “Signore! Fa' che non glielo dica. Per piacere!”
Il fatto era che gli aveva chiesto troppi piaceri, al Signore. Per piacere
fammi dimagrire; per piacere, fammi stare a galla; per piacere, fammi sentire
il tempo; per piacere, fammi riuscire l'arrosto; per piacere, fammi avere un
bambino; per piacere, ferma il tappo… Troppi piaceri. Non sapeva più dove
mettere le mani, povero Signore. E lei cos'era, per meritare tanti piaceri?
Niente. Solo una goffa, inutile grassona, che adesso era anche invidiosa e
pazza e inventava bambini. Che cos'avrebbe detto Berto? Sarebbe tornato
tutto contento e lei avrebbe dovuto dirgli…


La pasta era quasi cotta, e lei stava miseramente affettando un arrosto
bruciacchiato e caparbio, quando Berto rientrò, e venne a fermarsi sulla
soglia della cucina. Aveva un enorme mazzo di rose in mano.
Oh, Dio, le rose! Le rose per il bambino inventato: il Signore le aveva
negato l'ultimo piacere. Giovanna rimase muta e ferma, col trinciante in
mano, e fu lui a venirle vicino. Posò le rose e la prese tra le braccia.
«Cara», disse sottovoce, schiacciandole la guancia sui capelli. «Io… io ti
sono tanto riconoscente, cara».... (fine 1a parte )