mercoledì 26 ottobre 2011

COLETTE






Donna dalla natura libertaria e creativa, scrittrice francese che visse negli anni delle prime rivendicazioni femminili, si definiva un'ermafrodita mentale .

Nacque il 28 gennaio 1873 a Saint-Sauveur-en-Puisaye
 con il nome Simonie-Gabrielle Colette, in arte semplicemente Colette.
Trascorse l'infanzia e l'adolescenza in Borgogna. Qui la madre le fece leggere tutto ciò che desiderava. Trasferitasi a Parigi sposò lo scrittore Henri Gauthier-Villars, il quale la incoraggiò a scrivere le sue divertenti avventure di bambina.

Tramite il marito, la ragazza entrò nell’ambiente bohémien dei musicisti, dei poeti, dei commediografi della capitale francese, dove cominciò a diventare conosciuta proprio come moglie di Willy, e dove conobbe anche persone molto note all’epoca, come la “Bella Otero” e Mata Hari.
Quando Willy si accorse del talento letterario della giovane sposa, si creò tra i due un rapporto strano, fondato sull’influenza psicologica e sul carisma esercitati dall’uomo e sulla ritrosia accondiscendente, che sfociava in una passiva e tacita complicità, di Colette, la quale solo nel 1936, ovvero trent’anni dopo la fine del matrimonio e cinque dopo la morte di Willy, trovò la forza e il coraggio di renderlo noto ne “Il mio noviziato”.
Willy, infatti, pur firmando appunto quale scrittore e giornalista un numero impressionante di libri ed articoli, si serviva in realtà di un gruppo piuttosto nutrito di “negri”, ovvero autori “fantasma”.
Dopo un periodo di malattia, probabilmente causata già dall’infelice rapporto con il marito, Colette divenne, quindi, anch’essa una sua “lavorante”:nacque la serie, destinata a diventare popolarissima, di “Claudine”. Come autore in copertina appariva, naturalmente, il solo Willy (almeno nelle prime edizioni), che ne decise anche la riduzione per il teatro, dove venne portata in scena con grande successo dall’attrice Polaire..
 Il matrimonio, però, la soffocava fin quasi a consumarla, come in una prigione le cui sbarre erano rappresentate dalla scrittura, cui ormai la giovane si dedicava tutti i giorni con regolarità ed orari impiegatizi, e dagli innumerevoli tradimenti di Willy, che questi non si curava nemmeno di nascondere, fino anzi ad arrivare a proporle dei ménages à trois.
Il rapporto tra lei e il marito durò circa un decennio, durante il quale scrisse vari romanzi di successo, giungendo solo verso la fine del matrimonio ad ottenere il proprio nome in copertina accanto a quello del marito.
 Scrisse "La maison de Claudine" seguita da "Chèri", "La gatta", "Duo".

Nel 1905 decisero, quindi, di separarsi, dando l’avvio alla causa di divorzio.
Colette, inserita nella Parigi mondana, decise di allacciare nuove amicizie. Lo fece, subito, alla sua maniera, legandosi con Mathilde de Morny, detta Missy, marchesa di Belbeuef, più anziana di lei di dieci anni, con la quale non si vergognava di mostrarsi in pubblico. L’amante, molto ricca, le regalò una bellissima dimora, a Rozven, presso Saint Malo, dove lei trasferì la sua residenza, i suoi libri, i pochi mobili e tanti gatti. Anni dopo scriverà nei suoi Souvenirs Elisabeth de Gramont: «Colette è una donna che vive davanti al focolare: i gatti, la luce, il calore e l’uomo ». E le donne, possiamo aggiungere che, dopo la fine della relazione con Missy, si alternarono agli amori maschili nella sua vita.
Perduta l’amica e dovendo far fronte alle esigenze quotidiane, Colette decise di dedicarsi alla carriera artistica, calcando i palcoscenici dei maggiori teatri di Parigi, come ballerina e come mima, esibendosi assieme all’allora già famosa Polaire.
Erano gli anni in cui consolidava il suo mito di donna libera che si divideva tra numerosi amanti, convinta che «i sensi sono un inesorabile fascio di forze annidati nel corpo umano», che lei metteva scandalosamente in mostra, compreso il seno nudo, vivendo «tutte le avventure impossibili».Il suo viaggio in Italia nel 1910 coincise con uno snodo cruciale della sua vita e l’inizio di una nuova stagione. Il tour le era stato regalato da Auguste Heriot, figlio di una ricchissima famiglia parigina, proprietaria dei grandi magazzini del Louvre. Heriot la corteggiava, invitandola nei migliori ristoranti di Parigi e colmandola di regali. Il giovane amante sperava con il generoso invito in Italia di conquistarla definitivamente. Erano appena arrivati in Italia, verso la metà di luglio, che Colette fu raggiunta dalla notizia della sentenza di divorzio. Finalmente, dopo anni di immeritato oblio, era libera di rivelarsi non solo come autrice della serie di “Claudine”, ma di firmare con il proprio nome Le Vagabonde, il romanzo che sarà pubblicato a puntate sulla rivista La Vie Parisienne. La sosta romana la annoia. La città sembra deserta e troppo silenziosa. Dedica interi pomeriggi a portare a passeggio i suoi cani a Villa Borghese o sui declivi deserti del Palatino. La città le appare addormentata, anche se carica di colori e di atmosfere. Decide allora di scendere al sud. Heriot la segue senza entusiasmo. A novembre raggiungono Napoli e la costiera amalfitana, da dove lei invia brevi notizie alla madre preoccupata, per rassicurarla: «Mia cara mamma, noi facciamo colazione a Positano, in un paese troppo bello perché creda sia vero». E il giorno dopo: «Io sono arrivata e sono rimasta abbagliata. Questa baia di Napoli, lo confesso, non ha affatto rubato la sua reputazione». Il viaggio per la verità la stanca ed è pieno di scomodità, ma le continue scoperte, la luce, gli odori e la natura incontaminata catturano i suoi sensi e la sua mente. Stende poche note, scrive brevi notizie alla madre e “sopporta” la corte malinconica del compagno di viaggio. La verità è che il giovane e inesperto spasimante la annoia, confidando al suo amico Léon Hamel: «Io non arriverò mai a scrivere una lettera. Oggi: battello, vettura, battello, tempesta». Insomma un tour de force e un amico che non la diverte. Nonostante il tempo incerto, la pioggia e il mare mosso, decide di spingersi fino a Capri. Il viaggio non è confortevole, a causa del dondolio che le procura la nausea. Costeggiando Procida, però, dimentica tutto e si esalta alla visione dei giardini «così vecchi, ornati di rose e di aranceti». Al largo il mare si ingrossa e ricominciano i fastidi. Finalmente Capri. Colette resta incantata da tanta bellezza.
Le prende come una frenesia e in pochi giorni la percorre tutta, su e giù senza sosta. Vuol vedere ogni cosa, immergersi nell’atmosfera dell’isola, conoscerne la storia, la gente. Sempre più eccitata, visita uno dei luoghi ormai entrati nella leggenda: «Vado alla Grotta Azzurra, dove si entra per una piccola entrata e dove è tutto illuminato dal blu fosforescente e indimenticabile», scrive come rapita. È definitivamente conquistata dall’isola azzurra.
Colette fa poi lunghe passeggiate per le vie solitarie e poco frequentate. Ed è ad Anacapri che scopre la “sua” nuova casa. In quella che si chiama oggi via Timpone, adocchia alcuni vecchi fabbricati settecenteschi, del complesso monastico di San Michele. Colette se ne innamora a prima vista, ma non esprime a nessuno il suo intimo desiderio, neanche al compagno che la segue sempre più infelice e disperato. La permanenza a Capri si chiude, poco dopo, con la fine della storia d’amore con Heriot, che per la verità non era mai iniziata, e il cui carattere lei descrive con parole profetiche al suo confidente Hamel: «Il mio piccolo compagno vi invia il suo saluto. Egli è molto gentile quando è solo con me, ma non sarà mai felice, perché è come costruito su un fondo di tristezza».
Tornata a Parigi, a dicembre, fa la conoscenza di Henry de Jouvenel, condirettore al giornale Le Matin, e suo futuro marito, che sposerà nel luglio del 1913, tre mesi dopo la morte dell’amatissima madre Sido. Da quell’unione nascerà una bambina, alla quale verrà dato lo stesso nome della madre.
Colette sta diventando ormai la primadonna della letteratura parigina. I suoi libri, della serie di “Claudine” e le nuove opere come Ces Plaisirs… e Chéri raggiungono diverse migliaia di copie, mentre i suoi servizi giornalistici sono attesi da sempre più numerosi ammiratori entusiasti. Nel luglio del 1915 torna in Italia, questa volta come inviata speciale del giornale Le Matin. Da Lugano raggiunge Venezia e successivamente Roma. Come nella sua prima visita, continua ad annoiarsi. Trova la città stranamente ferma nel tempo e lontana, anche allora che si era in tempo di guerra. Decide, allora, di ritornare a Capri. Qui raggiunge Anacapri e va direttamente a via Timpone, dove contratta l’acquisto della casa scoperta cinque anni prima.
In poche settimane i vecchi muri dalle volte a vela riprendono vita. Colette adesso è ricca ed è tra i più grandi scrittori di Francia. Un gruppo di muratori è impegnato a realizzare il suo sogno caprese, restaurando e tinteggiando a calce l’intero fabbricato e realizzando un giardino chiuso, simile a quello della casa dell’infanzia in Borgogna, protetto da alti muri, scandito da colonne e percorso da vialetti. Uno spazio dove sostare, passeggiare e giocare con i gatti che adesso, quasi a un misterioso richiamo, arrivano da tutto il vicinato.
La scrittrice è felice e si occupa di arredare personalmente gli interni. Si fa costruire in camera da letto un’ampia vetrata che dà su un giardino di agrumi, e sceglie pavimenti in ceramica con disegni geometrici e floreali. Alle pareti dello studio appende alcune stampe francesi. Alle grate delle finestre fa mettere il monogramma intrecciato “Colette de Jouvenel”. Colette sarà a Capri ancora nel 1917 e nel 1918 e ogni volta che la sua vita avventurosa glielo concederà. Elisabeth de Gramont ricorda come Colette, amante della cucina e della casa, si trasformasse quando era nella sua nuova casa: «Nell’estate mediterranea trascina una tavola sotto la pergola, distende in pieno sole i suoi potenti muscoli ricoperti di una pelle fine e dorata e dà al braciere il colpo adatto a farne scaturire la fiamma alta e chiara che cocerà all’istante il pesce ai ferri».
La sua vita avventurosa la porterà ancora per lunghi anni a vivere amori e successi, lontana dalla sua casa caprese. Divorziata dal secondo marito, troverà finalmente la felicità nel 1925, sposando Maurice Goudeket,lui aveva quarantacinque anni, lei sessantadue.
Entrerà nell’Olimpo della letteratura francese all’Accademie Goncourt nel 1945 diventandone presidente nel 1949, e quello dell'Académie royale de Belgique nel 1953.
Colette continuerà a scrivere e ad amare, sempre tesa a leggere il cuore degli uomini con i suoi occhi acuti e implacabili, «gli occhi più belli del mondo, di un azzurro profondo, come certi zaffiri, come il Mediterraneo d’inverno, quando è tormentato dal Mistral, e picchiettati d’oro ». Prima di spegnersi dolcemente nella sua ultima casa di Port Royal il 3 agosto del 1954. La dimora caprese, dopo la sua scomparsa, passò alla figlia e poi all’architetto Biagio Accolti Gil e da questi alla sorella Dinella, attuale proprietaria, che ha voluto preservare il ricordo dell’illustre ospite, conservandone ove possibile il carattere originario. 

Colette cominciò a scrivere poco più che ventenne, conducendo una vita turbolenta e lavorando instancabilmente. La scrittura diventò per lei una necessità vitale ed il responsabile di questa metamorfosi fu proprio il primo marito, il traditore, lo sfruttatore, il narcisista, che le fornì l'ambiente intellettuale e gli accorgimenti tecnici indispensabili per scoprirsi scrittrice.
Produsse quasi ottanta volumi di narrativa, memorie, articoli giornalistici e lavori teatrali di altissima qualità. I suoi romanzi, la serie di Claudine, erano tenuti lontani dalle giovani francesi di buona famiglia e il Vaticano li inserì nell'Indice dei libri proibiti. I critici definirono Colette perversa e senz'anima, rimproverandole un'arte basata sui sensi. Mostrò ai suoi lettori ciò che le donne provano realmente per gli uomini, raccontando per la prima volta nella storia della letteratura una donna-soggetto. Quando creò il personaggio Claudine nei primissimi anni del Novecento, sembrava essere solo una moda, uno scandalo macchinato dal primo marito, invece si rivelò una nuova visione dell'universo romanzesco femminile. Il personaggio femminile messo in scena da Colette è forte e virile, non rinuncia all'uomo e all'amore ma tenta di stabilire un equilibrio nuovo all'interno della coppia, dalla relazione è sempre la donna a uscirne vincitrice e non più l'uomo.

Suoi testi Camera d'albergo. Firenze, Passigli,c1996
Chéri. Milano,Adelphi, c1984 
Claudine. Milano, Rizzoli, c1985 
Claudine a Parigi. Milano, Rizzoli, 1958
Claudine a scuola. Milano, Frassinelli, c1996 
Claudine en menage. Paris, Mercure de France, 1961
Claudine se ne va. Milano, Rizzoli, 1958
Duo, 10.ed. Venezia, Marsilio,1996 
L'entrave. Firenze, Passigli, c1994
L'ètoile Vesper. Genere; Paris, Montreal, c1946
Le fanal bleu. Paris, Ferenczi, [1949]
La fine di Chèri. Milano, Adelphi, c1985
La gatta. Roma, Editori Riuniti, 1997
Gigi. Milano, Adelphi, c1992
Il grano in erba. Parma, Guanda, stampa 1976
Hotel bella vista. Milano, La Tartaruga, c1985 L'ingenua libertinea. Milano, ES, c1992
Luna di pioggia. Firenze, Passigli, c2003
La maison de Claudine. Paris, Hachette, 1976
Il mio noviziato. Milano, Adelphi, c1981 
La nascita del giorno. Milano, Adelphi, c1986 
La pace tra le bestie. Milano, La Tartaruga, c2004 
Il puro e l'impuro. 1. ed. Milano, Mondadori, 1977 
La retraite sentimentale. Paris, Mercuri de France, 1965
Sido. Milano, Adelphi, c1989 
La vagabonda. 1. ed. Milano, Mondadori, 1977 

HANNO SCRITTO SU DI LEI :








Il mio apprendistato in cucina. Le ricette di ColetteListino

€ 4,80

Editore

Il leone verde

Collana

Leggere è un gusto

Data uscita

07/05/2010

EAN

9788895177885

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