martedì 6 settembre 2011

IL CIMITERO di PRAGA di Umberto Eco

Ecco l’ultimo romanzo del semiologo piemontese Umberto Eco, destinato a diventare un classico: “Il cimitero di Praga” (Bompiani, 2010). Un libro che arriva trent’anni dopo “Il nome della rosa”.
Ho attribuito a Simone Simonini cose fatte da varie persone e ho cercato di creare il personaggio più odioso del mondodichiara l’autore, il quale in più di cinquecento pagine mescola la realtà con la finzione. Tutte le vicende raccontate sono autentiche e tutte le frasi sono state pronunciate veramente, la vicenda narrativa è l’unica invenzione”.
La trama si svolge tra Torino, dove è nato il protagonista del libro, Palermo e Parigi in un arco temporale che va dal 1830 al 1898. Simone Simonini cinico falsario, esperto calligrafo, fabbricatore di falsi dossier ha appreso dal notaio Rebaudengo l’abilità di stilare documenti falsi. Egli si mette al soldo di qualsiasi servizio segreto o potente che lo paghi profumatamente per creare prove di eventi che non sono mai accaduti basati su fatti reali, conosciuti perché la gente crede solo a quello che sa già… ”. La creazione più clamorosa di Simonini è l’invenzione del verbale di un raduno cospiratore notturno di rabbini nel cimitero israelitico di Praga, che dà il titolo al romanzo. Sono i 24 capitoli dei Protocolli dei Savi di Sion , clamoroso falso storico nel quale i rabbini pianificano come conquistare il mondo.Un documento ripreso di lì a poco da un certo Adolf Hitler, e che ancora oggi fa bella mostra di sé nei mercati e nelle librerie di buona parte del mondo islamico.
Il sesto romanzo di Eco attribuisce a Simonini l’invenzione di questo documento che è stato la base teorica del più feroce antisemitismo e dell’infame soluzione finale del nazismo hitleriano. Simonini s’ispira ai romanzi di Eugène Sue e di Alexandre Dumas. Per comprendere la mente malata di Simonini bisogna tornare indietro agli anni della sua fanciullezza. Tutto ha inizio dai racconti del nonno l’ex ufficiale dell’esercito sabaudo Giovan Battista Simonini, figura realmente esistita. Il nonno definisce il popolo ebraicopopolo ateo per eccellenza. Partono dal concetto che il bene deve realizzarsi qui… quindi operano per la conquista del mondo”. Non stupisce quindi il fatto che il capitano Giovan Battista alla fine del Settecento avesse scritto una lettera all’abate Barruel, il quale aveva scritto un libro dove rivelava che la rivoluzione francese era stata un complotto ordito dai Templari, dagli Illuminati di Baviera, da Diderot e via dicendo. Il capitano scrive a Barruel quasi rimproverandolo, perché egli ha omesso una forza terribile: gli ebrei. Quindi Simonini fornisce a Barruel una lista di tutte le malefatte degli ebrei nella storia del mondo. L’antisemitismo ottocentesco nasce da questa malaugurata lettera del Capitano Simonini. Per Simone il suo antisemitismo è un tarlo mentale, perché nella sua vita egli non ha mai incontrato un ebreo eccetto un dottore in un ristorante e una giovane donna di religione ebraica conosciuta per pochi minuti nel ghetto di Torino, esperienza fallimentare che pregiudicherà tutto il suo futuro rapporto con le donne. Forse è per questo che il cibo rappresenta la sua sola passione. “… si può odiare qualcuno per tutta la vita. Purché sia sempre lì a rinfocolare il nostro odio. L’odio riscalda il cuore“. Simonini odia tutti: i tedeschi il più basso livello di umanità concepibile”, i francesi non amano i loro simili”. Per questo falsario che ama travestirsi non solo in senso letterale ma anche d’inganni, gli italiani sono infidi, per non parlare dei preti cominci ad averli intorno appena nato quando ti battezzano”.
Sono trascorsi trent’anni da Il nome della rosa superbo romanzo, ambientato in un monastero benedettino medioevale dell’Italia settentrionale, che impose Eco sulla scena della letteratura di tutto il mondo. Allora l’arguzia e il sottile ragionamento del protagonista Guglielmo da Baskerville permisero al frate francescano in soli sette giorni di venire a capo delle morti di vari monaci, assassinii legati alla biblioteca dell’abbazia, vero e proprio labirinto. Un personaggio positivo a differenza di questo nuovo eroe nero di Eco, incarnazione della doppiezza sempre al centro di ogni grande complotto, autentica creatura del male.
Il 24 marzo del 1897 nel suo diario Simone scrive Provo un certo imbarazzo nel pormi a scrivere, come se mettessi a nudo la mia anima…. La redazione di un diario gli è stata consigliata da un giovane dottore ebreo che si chiama Froide… Per curare i disturbi della memoria che affliggono il nostro antieroe, il dottore consiglia a Simonini l’ipnosi e la cocaina ma egli oramai è una personalità schizoide, senza speranza che non prova un briciolo di rimorso per tutti i danni che ha combinato.
Nel volume appaiono tre diversi caratteri tipografici per tracciare le tre figure. Il protagonista, un bieco falsario che si aggira per l’Europa al servizio dei potenti e dei servizi segreti alimentando odio, paura e sete di vendetta, l’abate Dalla Piccola, una sorta di alter ego di Simonini e il Narratore che osserva la storia e commenta la sciagurata vita di Simonini. Per completare l’opera appaiono nel libro splendide incisioni veri documenti prese dai libri popolari ottocenteschi che appartengono alla collezione privata di Eco. Magnifico omaggio dell’autore al romanzo d’appendice, al feuilleton popolare genere letterario che andava in voga tra la seconda metà dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento. Simonini attraversa con perversa abilità tutto un secolo dalle vicende che hanno condotto all’Unità d’Italia con i suoi personaggi principali. Egli è stato capace di infiltrarsi nella spedizione garibaldina dei Mille, ha causato la morte di Ippolito Nievo. Non manca la storia di Francia con Luigi Filippo d’Orleans, la rivoluzione del ‘48, Napoleone III, la guerra franco - prussiana, la Comune, la Seconda Repubblica per finire con l’affaire Dreyfus. Simonini falsifica il testo che manderà all’Isola del Diavolo il capitano Dreyfus. Molto bella è la descrizione della Parigi di Simonini, dove egli vive e si rifugia. È il ventre della città, il quartiere de La Maub con i suoi vicoli maleodoranti zona abitata da malviventi e prostitute e ricetto di sordidi hotel”, nella quale in questa ragnatela di straducole Simone si aggira con un paio di baffi neri, barba finta e parrucca, perché la mistificazione è nel suo DNA.
“Il cimitero di Praga” è un libro importante per diversi motivi. Primo perchè  racconta finalmente la storia dell’Ottocento in Italia , uno dei secoli peggio studiati e conosciuti. Secondo, Eco racconta – in forma romanzesca – lo schema che sta dietro a ogni teoria del complotto passata e presente (compresa quella legata all’undici settembre, che – sostengono ancora in troppi – sarebbe stato organizzato dalla Cia in combutta con l’immancabile Mossad): ogni complotto, scrive Simonini nel suo diario, deve essere costruito a partire da materiali precedenti, già conosciuti, perché “la gente crede solo a quello che già sa, e questa era la bellezza della Forma Universale del Complotto”. Nel caso dei Protocolli antisemiti, la cui nascita e diffusione è trama portante del libro, il materiale originario è fatto dai romanzi d’appendice ottocenteschi, pane quotidiano delle classi popolari e borghesi. E la buona notizia, nel caso di un romanzo che demistifica il più celebre testo antisemita della storia, è che il “Cimitero” verrà presto pubblicato anche in lingua araba, presso la casa editrice libanese Dar-al-Kitab.
"..Il passante che in quella grigia mattina del marzo 1897 avesse attraversato a proprio rischio e pericolo place Maubert, o la Maub , come la chiamavono i malviventi ...se poi avesse imboccato quella che sarebbe diventata rue Sauton, ma era ancora rue d'Anboise, avrebbe trovato fra un bordello travestito da birreria e una taverna ...un vicolo cieco , che all'epoca si chiamava impasse Maubert...a metà di quel vicolo passava del tutto inosservato la vetrina di un rigattiere che un'insegna sbiadita celebrava come Brocantage de Qualité...Accanto a quella vetrina avrebbe visto una port , sempre chiusa , e accanto al filo di una campanella un cartello che avvertiva come il proprietario fosse temporaneamente assente .
Che se, come raramente accadeva , la porta si fosse aperta , chi fosse entrato avrebbe intravisto..."
Questo è l'inizio del romanzo , e già da queste poche righe cogliamo la grande abilità dello scrittore che ci catapulta all'interno del racconto ,senza che neppure ce ne accorgiamo , un po' come fece Charles Dickens ne "La Bottega dell'Antiquario"...
"..Tornato al salone,  d'ingresso il visitatore avrebbe individuato, davanti alla sola finestra da cui penetrava la poca luce che rischiarava l'impasse, seduto al tavolo, un individuo anziano avvolto in una veste da camera, il quale, per tanto che il visitatore avesse potuto sbirciare sopra le sue spalle, stava scrivendo quello che ci accingeremo a leggere, e che talora il Narratore riassumerà, per non tediar troppo il Lettore."
Ecco saltar fuori  una fotografia d'interno , non un testo scoperto fortuitamente, ma osservato nel suo divenire e riportato interamente - o riassunto per il Lettore - da un Narratore,Simone Simonini uno dei personaggi più detestabili della letteratura, un vero "cattivo romanzesco" di stampo classicamente ottocentesco, torinese, figlio di un carbonaro che morirà ben prima dell'Unità nazionale e nipote di un ex ufficiale dell'esercito sabaudo nostalgico dell'Ancien Régime; che odia il prossimo - che sia ebreo o gesuita, tedesco o francese, garibaldino, satanista o massone - e alla fine anche se stesso.
Un uomo che attraversa l'Ottocento afferrando al volo l'opportunità di diventare per danaro artefice della Storia e non temendo di essere anche la causa delle altrui disgrazie, perspicace e a modo suo anche energico e coraggioso, un criminale che porta le sue abilità in giro per l'Europa per conto dei servizi segreti e dei potenti. Nessun espediente gli appare eccessivo, nessuna legge inviolabile, nessuna innocenza lo commuove. È un cattivo funzionale al sistema e da questo viene premiato.
Ma c'è una terza voce in questo racconto: quella dell'abate Dalla Piccola, che il Lettore comprende subito essere l'alter ego di Simonini, la sua anima cattolica, complice e vittima, la sua memoria, "talora parlando entrambi dello stesso fatto, benché da punti di vista contrastanti", che entra in campo quando lui non c'è e viceversa.

Il manoscritto di Eco non è tanto "ritrovato" e man mano letto, quanto costruito pezzo per pezzo con attenzione a ogni dettaglio.
I rimbalzi avventurosi e storici che fanno di questo libro un testo entusiasmante - i personaggi citati sono tutti realmente esistiti tranne il Simonini stesso e riproposti con rigore assoluto anche nelle citazioni, dai più conosciuti come Garibaldi o Ippolito Nievo, del quale causa la morte, ai meno famosi come il patriota siciliano La Farina o il deputato massone piemontese Pier Carlo Boggio, per parlare di italiani - e i rimandi letterari dello scrittore sono moltissimi e certamente se volessimo citarli ne dimenticheremmo un'infinità.
Il più evidente sta nel titolo stesso di questo vero e proprio "romanzo d'appendice", feuilleton illustrato alla maniera di Dumas (che non a caso compare tra i protagonisti della storia) e si rifà a quel fatidico capitolo del romanzo Biarritz di Hermann Goedsche intitolato Sul cimitero ebraico di Praga, che sarà il nucleo centrale del più famigerato, influente e verosimile tra i manoscritti ritrovati, i Protocolli dei Savi Anziani di Sion, ripreso poi da Sergej Nilus, dove l'autore attinge a piene mani dalle teorie del complotto raccontando come i rabbini anziani delle dodici tribù di Israele si ritrovino per condordare i piani comuni e segreti di conquista del mondo.
Eco attribuisce a Simonini quel falso storico, generato da quell'odio verso gli ebrei inculcatogli sin da bambino dal nonno, e il suo Protocollo sarà anche il suo capolavoro del male assoluto:
"mi accorgo di essere esistito solo per sconfiggere quella razza maledetta. Rachkovskij ha ragione, solo l'odio riscalda il cuore".
Umberto Eco è nato ad Alessandria il 5 gennaio del 1932. Filosofo, semiologo, saggista, scrittore, mass mediologo, ha esordito nella narrativa nel 1980 con Il nome della rosa (Premio Strega 1981), seguito da Il pendolo di Focault (1988), L’isola del giorno prima (1994), Baudolino (2000) e La misteriosa fiamma della regina Loana (2004). Tra le sue numerose opere di saggistica e non citiamo: Trattato di semiotica generale (1975), I limiti dell’interpretazione (1990), Kant e l’ornitorinco (1997), Dall’albero al labirinto (2007) e, con Jean - Claude Carrière, Non sperate di liberarvi dei libri (2009). Nel 2004 ha curato il volume illustrato Storia della Bellezza seguito nel 2007 da Storia della Bruttezza e nel 2009 da Vertigine della lista. E’ Presidente della Scuola Superiore di Studi umanistici presso l’Università di Bologna.

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