Voglio parlare di un'iniziativa originale , che ha avuto uno scrittore , quella di creare un libro su un blog , facendo partecipare tutti coloro che ne erano interessati all stesura del racconto che si è sviluppa nell'arco di 9 mesi , da maggio 2010 a febbraio 2011.
Se avete voglia di leggere qualcosa di veramente unico nel suo genere , senza contare che il "papà del libro" ha uno stile piacevole e il racconto è bello, visitate il suo blog : http://blogdiunlibro.wordpress.com/
Blog di un libro
Se avete voglia di leggere qualcosa di veramente unico nel suo genere , senza contare che il "papà del libro" ha uno stile piacevole e il racconto è bello, visitate il suo blog : http://blogdiunlibro.wordpress.com/
Blog di un libro
9 mesi per veder nascere un libro
Presentazione
Ciao
mi presento, sono un libro, un libro che è stato da poco concepito nella testa (un po’ bacata) dell’autore. Non ti dirò nulla di lui, ti dirò un po’ più di me: ancora non ho un nome ma il mio babbo mi ha già regalato un blog.
Attraverso questo blog io potrò crescere e tu in prima persona, potrai aiutarmi a farlo. Ti spiego come.
Il mio papà continuerà a scrivere, ogni giorno; come presto te ne renderai conto le sue storie sono surreali, a volte folli. Potrai amarle, potrai odiarle, ma soprattutto potrai in un qualche modo contribuire a renderle migliori.
In questo blog ti saranno concesse diverse cose:
Aggiungo una cosa…sono stato concepito il 21 maggio 2010, calcolando che la mia gestazione è uguale a quella di una persona normale direi che in 9 mesi potremmo vedere se, come e quanto sono cresciuto.
Spero di vederti prima, altrimenti non mi resta che darti appuntamento al 21 febbraio 2011!
mi presento, sono un libro, un libro che è stato da poco concepito nella testa (un po’ bacata) dell’autore. Non ti dirò nulla di lui, ti dirò un po’ più di me: ancora non ho un nome ma il mio babbo mi ha già regalato un blog.
Attraverso questo blog io potrò crescere e tu in prima persona, potrai aiutarmi a farlo. Ti spiego come.
Il mio papà continuerà a scrivere, ogni giorno; come presto te ne renderai conto le sue storie sono surreali, a volte folli. Potrai amarle, potrai odiarle, ma soprattutto potrai in un qualche modo contribuire a renderle migliori.
In questo blog ti saranno concesse diverse cose:
- Potrai commentare i differenti capitoli che volta per volta (diciamo almeno 2 volte a settimana) il mio papà metterà online. I capitoli che riceveranno più commenti positivi rimarranno, quelli che non sono piaciuti, non entreranno nella mia versione finale
- Potrai inviare delle idee, ad esempio “Perché non fai incontrare il protagonista con una vicina ninfomane?”. Compito di mio papà sarà selezionare le idee migliori, scrivere, pubblicare e rimettersi al tuo giudizio
- Potrai chiedere a papà di includerti nel libro, magari cambiandoti di nome (o magari no): “Ciao vorrei parlassi di me, mi chiamo Mario ma nel libro vorrei essere Alessandro e gioco a pallone. Papà non inserirà alcun cognome ma tu saprai che sei parte di un libro, sei parte di me!
- Potrai inviare tu dei racconti che abbiano come protagonista il folle che a breve imparerai a conoscere; in questo caso papà deciderà quali pubblicare..ovviamente dicendo che non li ha scritti lui! Mica è un ladro il mio babbo.
Aggiungo una cosa…sono stato concepito il 21 maggio 2010, calcolando che la mia gestazione è uguale a quella di una persona normale direi che in 9 mesi potremmo vedere se, come e quanto sono cresciuto.
Spero di vederti prima, altrimenti non mi resta che darti appuntamento al 21 febbraio 2011!
Cap 1 – Nuova versione – La MCI
MCI = mancanza cronica d’iniziativa
La mancanza cronica d’iniziativa è una malattia grave, forse non come la pertosse o gli orecchioni, ma è comunque molto pericolosa. Auto diagnosticarmela è stato semplice, è bastato riflettere per un attimo sulla mia situazione.
Venerdì invece di andare a lavorare da mio padre, sono rimasto a letto. Mi hanno telefonato dall’ufficio almeno 5 volte; nell’ordine ho finto di essere: un immigrato clandestino di nome Karim che si guadagna la vita spacciando piccole dosi di fumo, una povera nonna abbandonata anche dai nipoti, Sbirulino, il Conte Dracula, una calda diciottenne alla disperata ricerca di un uomo brizzolato.
In tutti i casi, la segretaria di mio padre mi ha definito “inconcludente e fannullone”. L’accusa, reiterata così a lungo, ha smosso qualcosa, tanto che mi sono ritrovato a riflettere sulla mia situazione. Rimanendo a crogiolarmi sotto le coperte mi sono posto 5 domande che, se fossi un bimbominkia, avrei potuto tranquillamente inviare al Cioè, ovvero “chi sono”, “dove mi trovo”, “dove andrò”, “cosa ho fatto”, “a cosa ambisco”.
In realtà le domande erano sei, ma a “Che ore sono” ho risposto semplicemente guardando lo schermo del mio iPhone. Mi sono addormentato riflettendo sulla numero tre. Dopo un’ora di meritato riposo ho aperto gli occhi, e ho realizzato quanto segue: ho 36 anni e, ad oggi, non ho combinato nulla di buono. La mia vita è simile ad una zattera dispersa in alto mare. Le onde la sospingono a destra e poi a sinistra, senza una meta, in balia degli eventi.
Conosco il mio nome e il mio indirizzo di casa (domande uno e due) ma, per il resto, c’è buio pesto. L’unica spiegazione plausibile che io riesca a darmi è che io sia affetto da una nuova, quanto devastante e pericolosa malattia. L’ho battezzata MCI = mancanza cronica d’iniziativa. Suona bene, come TBC, HIV, o TAC. Tre lettere si ricordano facilmente. Ora…non mi si venga a dire che si tratta di una scusa, non è forse vero che chi manifesta sintomi quali tosse, raffreddore e febbre è universalmente riconosciuto come “una persona con l’influenza”? Bene, io che a 36 anni dimostro poca voglia di andare a lavorare, sono indolente e pigro, non ho una meta, non ho ancora vinto un Nobel, scalato l’Everest, partecipato alla notte degli Oscar, o ad una serata Bunga Bunga, sono chiaramente ed inconfutabilmente malato di MCI.
Il mio ragionamento mi convince e al tempo stesso mi preoccupa, decido pertanto che dovrò avvisare i miei genitori, magari domenica, durante il nostro consolidato e noiosissimo happening familiare.
Passo il sabato seduto sul divano, ho staccato il calendario della Canalis dalla parete e l’ho appiccicato alla televisione. Non smettiamo di fissarci per ore, c’è qualcosa di magico tra di noi. Faccio piccole pause di circa 15 minuti per far riposare la vista. Chiudo gli occhi e approfitto per immaginare le reazioni dei miei quando parlerò loro della MCI. Non è facile per un padre o una madre scoprire certe cose, sono certo si dimostreranno comprensivi, e intenderanno la mia sofferenza.
In passato ho confessato loro di essere gay, di essere di colore, di essere un gay di colore, di essere il primo uomo atterrato sulla Luna e il secondo sul Sole (dopo Berlusconi).
Hanno accettato il tutto senza eccedere in colorite manifestazioni di gioia e/o stupore, sia nel momento della confessione, che successivamente, quando ho rivelato loro che si trattava di un mucchio di fandonie.
Questa volta sarà diverso. Mia madre probabilmente ascolterà in silenzio le mie parole, mentre mio padre, fingendo che un moscerino gli sia finito dentro l’occhio, verserà qualche lacrima. Alla fine mi abbracceranno, sapranno consolarmi con frasi che solo i genitori sanno proferire; poi mi regaleranno dei soldi.
Ho già vissuto la scena almeno 1000 volte nella mia mente, e ho provato e riprovato il tutto davanti allo specchio, calibrando pause e sospiri per rendere il momento ancor più drammatico.
Adesso è domenica, sono le 13.30. Mio papà siede alla mia sinistra, mia sorella si è accomodata di fronte a me. Ho come l’impressione che mi eviti sistematicamente. La televisione è sintonizzata sul TG1, mio padre è già sprofondato in un religioso silenzio che romperà solamente quando l’ultima delle notizie sarà data. Nel corso dei 30 minuti di TG, l’uomo che ritiene di aver in un qualche modo contribuito alla mia nascita, sarà in grado di rispondere solamente a monosillabi. E’ come se il 95% della sua RAM fosse dedicata alla comprensione dei programmi TV.
Non ho mai capito se si tratti di una sorta d’isolamento e fuga dalla famiglia, o semplicemente sia affascinato dallo spettacolo messo in onda. Per non traumatizzarli subito con la terribile confessione, decido di preparare il terreno allietando il nostro pranzo domenicale con aneddoti e racconti di assoluto interesse........
La mancanza cronica d’iniziativa è una malattia grave, forse non come la pertosse o gli orecchioni, ma è comunque molto pericolosa. Auto diagnosticarmela è stato semplice, è bastato riflettere per un attimo sulla mia situazione.
Venerdì invece di andare a lavorare da mio padre, sono rimasto a letto. Mi hanno telefonato dall’ufficio almeno 5 volte; nell’ordine ho finto di essere: un immigrato clandestino di nome Karim che si guadagna la vita spacciando piccole dosi di fumo, una povera nonna abbandonata anche dai nipoti, Sbirulino, il Conte Dracula, una calda diciottenne alla disperata ricerca di un uomo brizzolato.
In tutti i casi, la segretaria di mio padre mi ha definito “inconcludente e fannullone”. L’accusa, reiterata così a lungo, ha smosso qualcosa, tanto che mi sono ritrovato a riflettere sulla mia situazione. Rimanendo a crogiolarmi sotto le coperte mi sono posto 5 domande che, se fossi un bimbominkia, avrei potuto tranquillamente inviare al Cioè, ovvero “chi sono”, “dove mi trovo”, “dove andrò”, “cosa ho fatto”, “a cosa ambisco”.
In realtà le domande erano sei, ma a “Che ore sono” ho risposto semplicemente guardando lo schermo del mio iPhone. Mi sono addormentato riflettendo sulla numero tre. Dopo un’ora di meritato riposo ho aperto gli occhi, e ho realizzato quanto segue: ho 36 anni e, ad oggi, non ho combinato nulla di buono. La mia vita è simile ad una zattera dispersa in alto mare. Le onde la sospingono a destra e poi a sinistra, senza una meta, in balia degli eventi.
Conosco il mio nome e il mio indirizzo di casa (domande uno e due) ma, per il resto, c’è buio pesto. L’unica spiegazione plausibile che io riesca a darmi è che io sia affetto da una nuova, quanto devastante e pericolosa malattia. L’ho battezzata MCI = mancanza cronica d’iniziativa. Suona bene, come TBC, HIV, o TAC. Tre lettere si ricordano facilmente. Ora…non mi si venga a dire che si tratta di una scusa, non è forse vero che chi manifesta sintomi quali tosse, raffreddore e febbre è universalmente riconosciuto come “una persona con l’influenza”? Bene, io che a 36 anni dimostro poca voglia di andare a lavorare, sono indolente e pigro, non ho una meta, non ho ancora vinto un Nobel, scalato l’Everest, partecipato alla notte degli Oscar, o ad una serata Bunga Bunga, sono chiaramente ed inconfutabilmente malato di MCI.
Il mio ragionamento mi convince e al tempo stesso mi preoccupa, decido pertanto che dovrò avvisare i miei genitori, magari domenica, durante il nostro consolidato e noiosissimo happening familiare.
Passo il sabato seduto sul divano, ho staccato il calendario della Canalis dalla parete e l’ho appiccicato alla televisione. Non smettiamo di fissarci per ore, c’è qualcosa di magico tra di noi. Faccio piccole pause di circa 15 minuti per far riposare la vista. Chiudo gli occhi e approfitto per immaginare le reazioni dei miei quando parlerò loro della MCI. Non è facile per un padre o una madre scoprire certe cose, sono certo si dimostreranno comprensivi, e intenderanno la mia sofferenza.
In passato ho confessato loro di essere gay, di essere di colore, di essere un gay di colore, di essere il primo uomo atterrato sulla Luna e il secondo sul Sole (dopo Berlusconi).
Hanno accettato il tutto senza eccedere in colorite manifestazioni di gioia e/o stupore, sia nel momento della confessione, che successivamente, quando ho rivelato loro che si trattava di un mucchio di fandonie.
Questa volta sarà diverso. Mia madre probabilmente ascolterà in silenzio le mie parole, mentre mio padre, fingendo che un moscerino gli sia finito dentro l’occhio, verserà qualche lacrima. Alla fine mi abbracceranno, sapranno consolarmi con frasi che solo i genitori sanno proferire; poi mi regaleranno dei soldi.
Ho già vissuto la scena almeno 1000 volte nella mia mente, e ho provato e riprovato il tutto davanti allo specchio, calibrando pause e sospiri per rendere il momento ancor più drammatico.
Adesso è domenica, sono le 13.30. Mio papà siede alla mia sinistra, mia sorella si è accomodata di fronte a me. Ho come l’impressione che mi eviti sistematicamente. La televisione è sintonizzata sul TG1, mio padre è già sprofondato in un religioso silenzio che romperà solamente quando l’ultima delle notizie sarà data. Nel corso dei 30 minuti di TG, l’uomo che ritiene di aver in un qualche modo contribuito alla mia nascita, sarà in grado di rispondere solamente a monosillabi. E’ come se il 95% della sua RAM fosse dedicata alla comprensione dei programmi TV.
Non ho mai capito se si tratti di una sorta d’isolamento e fuga dalla famiglia, o semplicemente sia affascinato dallo spettacolo messo in onda. Per non traumatizzarli subito con la terribile confessione, decido di preparare il terreno allietando il nostro pranzo domenicale con aneddoti e racconti di assoluto interesse........
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