domenica 11 dicembre 2011

C'ERA UNA VOLTA ....IL ROMANZO d' AVVENTURA .....3a parte


Un luogo comune, specie in passato, è stato quello di appaiare Jules Verne ed Emilio Salgari, in quanto fra loro contemporanei e considerati autori per la gioventù.
 Ma, lasciando da parte i luoghi comuni, le cose non stanno proprio così. La  differenza va ricercata nello spirito con cui entrambi scrivevano i loro libri e, soprattutto, nel pathos che li caratterizzava.
Nel senso che in Salgari c’era, in Verne quasi per nulla, anche nei suoi romanzi più avvincenti e drammatici (come possono essere Ventimila leghe sotto i mari e I figli del capitano Grant) una  vibrante immaginazione evasiva, un  grande desiderio di avventura e di grandi eroi selvaggi, una fantasia lussureggiante e  barocca.
 Personaggi sanguigni e romantici come il Corsaro Nero e soprattutto Sandokan, non sarebbero mai potuti uscire dalla penna dello scrittore francese (forse soltanto il capitano Nemo vi si avvicina un po’).
Mentre  la tipicità verniana è quella della anticipazione scientifica o della introduzione nei suoi romanzi dell’uso o dello sviluppo più avanzato di certe invenzioni già note alla scienza tra la metà dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, tanto da far comunemente inserire lo scrittore francese acconto a Herbert George Wells come precursore e addirittura “padre” della moderna fantascienza, al contrario Emilio Salgari non era molto portato per la speculazione avveniristica e raramente inserì nel complesso delle sue opere marchingegni e macchinari che andassero oltre la tecnologie del proprio tempo, a parte forse lo Sparviero, la strordinaria “macchina volante” presente ne I Figli dell’Aria (1904) e Il Re dell’Aria (1907).
Ci sono due romanzi di Salgari e di Verne che hanno una affinità talmente inattesa e sorprendente da consentire un parallelo fra essi al punto da rivelare una curiosa consonanza di idee, più unica che rara. Parallelo che però si è potuto scoprire soltanto dalla metà degli anni Novanta del secolo scorso, come si dirà. Ci riferiamo a due opere, le uniche in sostanza in cui il francese e l’italiano, a differenza dell’inglese Wells, hanno proiettato chiaramente ed esplicitamente in un per loro lontano futuro l’immaginazione. Si tratta di Paris au XX siècle scritto nel 1863, rifiutato dall’editore Hetzel e pubblicato soltanto nel 1994, in cui si descrive la Parigi del 1960, e di Le meraviglie del duemila scritto nel 1903 e pubblicato nel 1907 in cui si descrive il mondo del 2003.
C'è da aggiungere che Salgari stesso ammette di prender spunto dai romanzi
d'avventura di Fenimore Cooper ma anche dello stesso Verne, di cui talvolta
ricalca perfino le trame. Tuttavia, la critica accolse Verne assai favorevolmente
fin dagli esordi (e infatti Verne divenne ricco), mentre Salgari fu
sempre osteggiato, e molto soffrì dall'essere così sfavorevolmente
paragonato al collega francese.

Cosa accomuna questi due romanzi? Una visione pessimistica del nostro domani ed una idea non proprio positiva che gli effetti dello sviluppo tecnico-scientifico avrebbero prodotto sull’uomo e sulla società. Potrà sembrare sorprendente, ma sia il trentacinquenne esordiente romanziere francese, sia il già famoso trentanovenne scrittore italiano la pensavano nello stesso modo circa le famose “magnifiche sorti e progressive” dell’umanità. Ma è esattamente così: nessuno dei due negava il progresso materiale o si dimostrava scettico circa il suo prodursi, ed infatti entrambi si diffondono nella descrizione di nuovi marchingegni di ogni tipo che in apparenza migliorano la vita delle persone, ma allo stesso tempo entrambi mettevano esplicitamente in guardia dal fatto che tutte queste novità tecnico-industriali non portassero alla fin fine un vantaggio spirituale, psicologico e addirittura culturale.(Relazione tenuta a Fiuggi il 18 marzo 2005, in occasione della Italcon 31).





 Jules VERNE

Romanziere ispirato dal progresso tecnologico, inventore di trame avveniristiche ed anticipatrici, Jules Verne nasce l'8 febbraio 1828 a Nantes da Pierre Verne, avvocato, e da Sophie Allotte, agiata borghese.
A sei anni prende le sue prime lezioni dalla vedova di un capitano di lungo corso e a otto entra in seminario con suo fratello Paul. Nel 1839, all'insaputa della famiglia, s'imbarca come mozzo su una nave in partenza per le Indie ma viene ripreso dal padre al primo scalo. Il ragazzo dice di essere partito per portare una collana di corallo a sua cugina ma ai rimproveri del padre risponde che non viaggerà più che in sogno.
Nel 1844 si iscrive al liceo di Nantes e dopo la maturità è avviato agli studi giuridici. E' l'epoca dei primi tentativi letterari di Verne: alcuni sonetti e una tragedia in versi di cui non è rimasta traccia.
Tre anni dopo il giovane Jules si reca a Parigi per il suo primo esame di diritto e l'anno seguente, è il 1848, scrive un'altra opera drammatica che legge a una ristretta cerchia di amici di Nantes.
Il teatro polarizza gli interessi di Verne e il teatro è Parigi. Riesce quindi ad ottenere il benestare paterno per continuare gli studi nella capitale, dove arriva il 12 novembre 1848.
Si installa in un appartamento con un altro studente di Nantes, Edouard Bonamy: i due sono avidi di esperienze, ma essendo continuamente al verde sono costretti ad indossare lo stesso abito da sera a serate alterne.
Nel 1849 conosce Dumas padre che gli consente di rappresentare una commedia in versi nel suo teatro. E' un buon esordio per il giovane che riscuote i consensi della critica.
Jules non dimentica il diritto e l'anno dopo si laurea. Il padre lo vorrebbe avvocato, ma il giovane gli oppone un netto rifiuto: la sola carriera adatta a lui è quella letteraria.
Nel 1852 pubblica su una rivista il primo romanzo avventuroso, "Un viaggio in pallone", e nello stesso anno diventa segretario di Edmond Sevestedel, direttore del Teatro Lirico, che gli permette di rappresentare nel 1853 un'operetta lirica di cui Verne ha scritto il libretto in collaborazione con un amico.
Uno degli amici più cari del giovane scrittore è Jacques Arago, famoso viaggiatore del secolo XIX, che era solito raccontargli le sue avventure e fornirgli un'accurata documentazione dei luoghi da lui visitati: da questi colloqui sono nati con molta probabilità i primi racconti pubblicati sul giornale 'Musée des Familles'.
Nel 1857 sposa Honorine Morel, vedova ventiseienne con due figli, e grazie all'appoggio del padre di lei entra in Borsa come socio di un agente di cambio. Questa tranquillità finanziaria gli permette di intraprendere i primi viaggi: nel 1859 visita l'Inghilterra e la Scozia e due anni dopo la Scandinavia.
Siamo ormai agli inizi della vera carriera letteraria di Verne: nel 1862 presenta all'editore Hetzel "Cinque settimane in pallone" e firma con lui un contratto ventennale. Il romanzo diventa un best-seller e Verne può abbandonare la Borsa. Due anni dopo arriva "Viaggio al centro della terra" e nel 1865 "Dalla terra alla luna", pubblicato quest'ultimo sul serissimo "Giornale dei dibattiti".
Il successo è enorme: grandi e piccoli, ragazzi e adulti, tutti leggono i romanzi di Jules Verne che arriveranno nel corso della sua lunga carriera al considerevole numero di ottanta, molti dei quali tutt'oggi sono capolavori immortali.
Tra i più famosi citiamo: "Ventimila leghe sotto i mari" (1869), "Il giro del mondo in ottanta giorni" (1873), "L'isola misteriosa" (1874), "Michele Strogoff" (1876), "I cinquecento milioni della Begum" (1879).
Dopo i suoi primi successi nel 1866 Verne affitta una casa in una cittadina sull'estuario della Somme. Compra anche il suo primo battello e con questo comincia a navigare nel canale della Manica e lungo la Senna.
Nel 1867 si imbarca per gli Stati Uniti col fratello Paul sul Great Eastern, grande battello a vapore adibito alla posa del cavo telefonico transatlantico.
Al ritorno inizierà a scrivere il già citato capolavoro "Ventimila leghe sotto i mari". Nel 1870-71 Verne partecipa alla guerra franco-prussiana come guardacoste, ma ciò non gli impedisce di scrivere: quando l'editore Hetzel riprenderà la sua attività avrà davanti a sè quattro nuovi libri.
Nel 1870, per meriti letterari, gli viene conferita la Légion d'Honneur e viene nominato due volte presidente dell'Académie des Sciences, des Lettres et des Arts. Collabora inoltre, con la Societé de Géographie, alla redazione della Géographie Illustrée de la France.
Il periodo che va dal 1872 al 1889 è forse il migliore della sua vita e della sua carriera artistica: lo scrittore dà un grande ballo in maschera ad Amiens (1877) in cui il suo amico fotografo-astronauta Nadar, che gli servì da modello per la figura di Michael Ardan (Ardan è l'anagramma di Nadar), esce dalla navicella di "Dalla terra alla luna" nel bel mezzo della festa; sempre in quest'epoca (1878) conosce Aristid Brinad, studente al liceo di Nantes.
Ormai ricchissimo per la fortuna dei suoi libri in tutto il mondo, Verne ha i mezzi per conoscere direttamente i luoghi che ha descritto per informazione indiretta o ricreati con la sua fantasia. Compra uno yacht lussuoso, il Saint-Michel II, su cui si danno convegno i gaudenti di mezza Europa e viaggia a lungo nei mari del Nord, nel Mediterraneo, nelle isole dell'Atlantico.
Un giovane la cui identità è tuttora incerta (c'è chi vuole si tratti di un nipote diseredato) tenta di ucciderlo con due colpi di rivoltella nel 1886. L'anziano scrittore cerca in ogni modo di mettere a tacere lo scandalo, ancora oggi poco chiaro. L'attentatore fu frettolosamente rinchiuso in un manicomio.
Dopo quest'incidente Jules Verne, rimasto ferito, si abbandona alla sedentarietà: si ritira definitivamente ad Amiens dove viene eletto consigliere municipale nelle liste radicali (1889).
Morirà ad Amiens il 24 Marzo 1905 ,quasi cieco per la cataratta e sofferente di diabete,  colpito da paralisi. ( da biografieonline.it)
Anche se solo una piccola parte della sua produzione narrativa è inquadrabile nell'ambito del fantastico e solo quattro delle sue opere sono ambientate nel futuro, Jules Verne è ricordato come uno dei padri del romanzo scientifico, anticipatore della letteratura fantascientifica. Infatti riuscì ad anticipare scoperte che nei suoi libri sembravano essere pura fantasia ma che, più tardi, vennero effettivamente realizzate in maniera rigorosa e scientificamente provata. I romanzi ambientati nel futuro sono: Paris au XX° Siècle (1863), i racconti La Journée d'un Journaliste Américain en 2890 (1891), L'Éternel Adam (1957) e l'articolo Une Ville Idéale (1875).       
Curiosità: nel 1993 ha preso vita  il "Trophée Jules Verne", il record del giro del mondo con equipaggio sui più veloci mostri del mare .L’impresa è enorme, ma semplicissima. Si tratta di chiudere il cerchio del globo passando dai tre capi, Buona Speranza, Lewin e Horn. In tutto circa 21.800 miglia di oceani da bere. Il più rapidamente possibile.
per approfondire vi consiglio il sito : www.associazionegiulioverne.it


 EMILIO SALGARI
Giuseppe Carlo Maria Salgari nasce il 21 agosto 1862 a Verona, da Luigi
e Luigia Gradara, in una modesta casa al numero 7 di corso Porta Borsari.
La famiglia appartiene alla piccola borghesia di origine popolana -
gli antenati erano osti - il padre commercia in stoffe. Il cognome si
pronuncia con l'accento piano, Salgàri. Emilio sente presto voglia
d'avventura, a 16 anni è a Venezia, presso una zia, dove si iscrive
al primo corso del Regio Istituto Tecnico e Nautico. In qualche modo
passa tre mesi su una piccola nave da trasporto che batte l'Adriatico:
sarà questa la sua unica esperienza di marinaio, anche se in
seguito la sua fantasia gli farà dire di aver compiuto viaggi
memorabili (e dopo la sua morte anche il figlio Omar rincarerà
la dose), fino a fregiarsi del titolo di "Capitano". Scrive
alla fidanzata Ida, poi sua moglie, lettere che sono già romanzi
(Ida Peruzzi, di Ubaldino e Agostina Montrezot, nata a Verona nel 1868).
Nel 1883 è di ritorno a Verona, dove collabora a La Nuova Arena
come correttore di bozze finchè viene pubblicato a puntate La
tigre della Malesia
(dal 16/10/83 al 13/3/84), ed è l'inizio

del successo. Nel 1887 esce il suo primo volume presso un editore milanese
(Guigoni), La favorita del Mahdi. L'abate Galiani, che
è stato suo insegnante, gli suggerisce in seguito di trasferirsi
a Torino presso l'editore Speirani, attivo nell'editoria per ragazzi
(Il novelliere illustrato, La vacanza del giovedì, L'innocenza,
pubblicazioni che spariranno sotto la scure del Giornalino della
Domenica
). La famiglia arriva a Torino a fine 1892, dove per lungo

tempo deve fare quadrare il pranzo con la cena. E' vero che Emilio scrive
indefessamente - lavora contemporaneamente per tre editori: Speirani,
Treves, Paravia; a partire dal 1895 anche per Bemporad - ma i soldi
che arrivano o sono troppo pochi, o vengono mal impiegati: resta il
fatto che la mancanza di denaro sarà la cagione del disastro.

La produzione salgariana nel frattempo acquista una popolarità
immensa, grazie anche alle sapienti illustrazioni che gli editori procuravano
a corredo del testo, e perfino la Regina Margherita si congratula con
l'autore. Nel 1897 Emilio Salgari è nominato Cavaliere, e da
allora dedicherà la prima copia di ogni sua pubblicazione alla
Regina.
La casa editrice Donath lo convince a trasferirsi a Genova; in questi
anni stringe amicizia con i suoi pochi veri amici: il musicista Emilio
Firpo, l'illustratore Pipein Gamba, e Luigi
Motta, veronese come lui, e assai più giovane,

che in seguito nel divenne l'epigono.
Nel 1899 esce per Donath Il Corsaro Nero, uno dei successi
editoriali più strepitosi della storia.

A Genova la famiglia
si trova bene, tuttavia Salgari decide di tornare a Torino al volgere
del secolo. Qui la situazione economica peggiora sempre più,
e Salgari non trova di meglio che pubblicare altri testi sotto pseudonimo
(i suoi erano già una quarantina), ma si tratta di canovacci
un po' tirati via, e non hanno il successo delle avventure firmate Salgari.
Gli pseudonimi usati sono: Guido Landucci, Cap. Guido Altieri, E. Bertolini,
S. Romero. La moglie comincia a star male e dare segni di pazzia, i
figli crescono senza una guida, poiché lui passa le giornate
e le nottate a scrivere, scrivere, scrivere.

 Come ricordano in molti,
consulta continuamente atlanti ed enciclopedie, e soprattutto i giornali
con resoconti di viaggi e scoperte dell'epoca: si documenta scientificamente
per poter descrivere i luoghi esotici dei suoi libri. Cambiano spesso
di alloggio: via Morosini, via Superga, piazza San Martino, via Guastalla,
corso Casale; i soldi mancano sempre, anche se la produzione letteraria,
non si sa come, aumenta: negli ultimi cinque anni pubblica oltre venti romanzi.

 Sono gli anni in cui Salgari viene preso da una certa lucida
follia (per i dettagli rimandiamo alle biografie ufficiali), raccontati
in seguito dal figlio Omar, il quale mescola verità e invenzioni,
manipolato dallo spirito del suo tempo.        

Nel 1906 rompe il contratto con Donath e passa a Bemporad, per il quale
pubblica complessivamente 25 titoli. Enrico Bemporad si rende conto
che le trame sono più o meno le stesse e sollecita qualcosa di
nuovo: Salgari produce allora Le meraviglie del Duemila,
un testo pieno di anticipate invenzioni - quali la televisione - non
diversamente da ciò che fece Jules Verne con
La giornata
di un giornalista americano nel 2889

  Nel 1909 Emilio Salgari compie un primo tentativo di suicidio, gettandosi
su una spada. Lo trova la figlia Fatima. Nel 1910 la moglie si vede
costretta a scrivere a Bemporad sollecitando non si sa bene cosa (lamenta
comunque la soppressione dell'assegno mensile), ma l'editore risponde
seccamente di non essere uso a subire pressioni di nessun tipo.        

Nel 1911 le cose precipitano. Ida manifesta segni di follia e viene
ricoverata in una casa di salute, ma poiché Salgari non ha il
denaro per pagare la retta, la donna viene confinata in manicomio, cosa
che getta il marito nello sconforto. Il 22 aprile scrive numerose lettere
di addio, ai figli, agli editori, ai giornali. In tutte si dice rovinato
e senza un soldo, nonostante i "milioni di ammiratori", i
soli che gli abbiano dato soddisfazione. Il 25 si allontana da casa,
lo trovano la mattina seguente in un burrone nella valle di S. Martino,
dove appunto aveva scritto ai figli di cercarlo. Si era ferito al collo
e all'addome con un rasoio, ed era morto dissanguato. 

La morte dello scrittore non suscitò il clamore che forse egli si
aspettava, e il funerale fu fatto passare sotto silenzio dalle Autorità,
impegnate in quei medesimi giorni nelle manifestazioni per l'Esposizione
Universale; a seguire il feretro v'erano solamente dei giovani, dei
ragazzi con i libri sotto il braccio: i veri unici estimatori di Salgari.
Nemmeno i giornali diedero risalto all'accaduto, con l'eccezione de
La Stampa, che tra l'altro aprì subito una sottoscrizione
per aiutare i figli, alla quale aderirono due sole personalità:
Amalia Guglielminetti e Giacomo Puccini. La salma fu mandata a Verona,
dove fu accolta dalla famiglia Peruzzi e degnamente sepolta.
UNA FAMIGLIA DISGRAZIATA

Nel 1889 il padre dello scrittore commise suicidio, dando vita a ciò
che i posteri chiameranno la tara della famiglia: suicida sarà
Emilio, e suicidi i suoi figli. C'è da aggiungere che la moglie
Ida, sposata il 30 gennaio 1892, morirà in manicomio il 1°
ottobre 1922. Lui la chiamava Aida, e l'amerà per tutta la vita.
Ebbero quattro figli, anch'essi segnati da un destino avverso. La primogenita
Fatima (1892-1915) muore di tubercolosi - studiava canto e sembrava
quasi una promessa, ma non ebbe il tempo che di dare qualche concerto.
Nadir (1894-1936) ex-ufficiale della guerra libica, ferito sette volte,
decorato di medaglia al valore militare, muore in un incidente motociclistico.
Romero (1898-1931) militante negli Arditi, nella Grande Guerra si guadagna
due ferite e una medaglia d'argento al valor militare, ma in un accesso
di pazzia tenta di uccidere moglie e figlio e si suicida. L'ultimogenito
Omar (1900-1963) nella Grande Guerra rimane invalido, e trascorre la
vita in operazioni editoriali volte alla salvaguardia della memoria
paterna tuttavia accettando dagli editori tutta una serie di mistificazioni,
sia per la vita privata (si inventa i trascorsi esotici del "Capitano"),
sia per l'avallamento dei numerosi falsi salgariani che ebbero vita
nei decenni successivi. Sposatosi tardivamente, si getta dal balcone
di casa, a Torino.
per saperne di più visitate il sito
www.emiliosalgari.org

FALSI ED EPIGONI
"Gli imitatori di Salgari nascevano come funghi" dice Yambo.
Verissimo: impossibile contare tutti i pennivendoli assoldati in seguito
per sfornare i famosi "falsi salgariani". Purtroppo i mistificatori
più agguerriti provenivano tutti dalla cerchia privata dello
scrittore, a cominciare dai suoi stessi figli. E' Nadir, infatti, che
firma la prefazione di Le mie memorie (1928) di tal Lorenzo
Chiosso, che si fece delegare dal tutore dei ragazzi Salgari, lo zio
Ugo Peruzzi, a trattare con gli editori per i diritti delle trame e
dei titoli, il quale non si perita di rielaborare appunti e manoscritti
e di far passare per proprie le fantasie salgariane. Un altro epigono,
ma di ben altra tempra, è Luigi Motta, autore di un centinaio
di romanzi d'avventure, scritti senza quella passione che Salgari immetteva
nei suoi testi, e che tuttavia gli fruttarono l'agiatezza con l'editore
Bemporad. Motta era stato buon amico di Emilio Salgari, e da questi
incitato a scrivere (e lo chiamava "Capitano" Motta…);
tuttavia anch'egli non si perita di pubblicare numerosi titoli con il
doppio cognome Salgari-Motta, al fine di attirare il pubblico; e anch'egli
infine fu accusato da un tipografo di essere solo un prestanome. Peraltro,
i figli stessi portavano agli editori (Bemporad soprattutto) i pochi
appunti slegati tra loro che il padre aveva lasciato, spacciandoli per
"trame", tal che costoro assoldavano i ghost-writers affinchè
producessero testi assimilabili a quelli salgariani. Numerosi romanzi
uscirono infatti con il nome di Emilio Salgari in copertina come autore,
e sul frontespizio la dicitura "romanzo postumo tratto da trama
lasciata dall'Autore e pubblicata a cura di Nadir/Omar Salgari".
Tra i ghost-writers salgariani vi furono anche anche Paolo Lorenzini
e Sandro Cassone; il più prolifico fu Giovanni Bertinetti (17
"falsi", più la biografia Mio
padre Emilio Salgari
(1940), firmata da Omar Salgari; inoltre

vi furono innumerevoli riedizioni di vecchi testi con il titolo cambiato.
Insomma, fiorirono innumerevoli volumi nuovi e trame vecchie, in un
crescendo di confusione editoriale e legale tra gli eredi e le case
editrici. Un'altra mistificazione fu la produzione successiva di prodotti
derivati (ai nostri giorni sarebbero gadgets e cappellini) quali fumetti,
giornalini, circoli "amici di Salgari", e tutto ciò
che poteva fregiarsi della magica parola. Famose sono le figurine Salgari
della Liebig e della Tato, nonché le cartoline edite da Carroccio.


Negli anni Trenta e Quaranta vi fu un nuovo entusiasmo editoriale che
portò ad innumerevoli ristampe, favorito dalla campagna di valorizzazione
operata dal regime, che tuttavia presentò lo scrittore come precursore
dello spirito fascista e imperialista. La critica del dopoguerra si
occupò di Salgari in modo più equo, e infine seppe riconoscere
- a partire dagli Anni Settanta - il vero valore del Maestro e a ridargli
la dignità che gli compete. Una sapiente e intelligente moderna
filologia ha saputo inoltre discernere le vere opere salgariane da tutto
il resto.
In totale i testi riconosciuti di Emilio Salgari sono 87, i testi detti
"falsi" sono 58. I racconti sono numerosi, sia per le riviste
per ragazzi sia per le collane: Biblioteca giovanile illustrata,
Bibliotechina aurea illustrata
dell'editore Biondo, Nuova collezioncina

dell'editore Carabba, Piccole avventure di terra e di mare dell'editore
Speirani. I racconti per la gran parte appaiono con lo pseudonimo di
Cap. Guido Altieri.


I TITOLI DI BEMPORAD


I titoli dei 25 romanzi originali scritti da Salgari per l'editore Bemporad sono
qui sotto elencati. A fianco, la pagina pubblicitaria per l'ultimo titolo,
da un catalogo Bemporad del 1916. Di seguito diamo alcuni esempi della
prima edizione, quasi tutte illustrate da Alberto Della Valle, e delle
ristampe successive, con particolare attenzione alla riedizione del
1928, che comprende naturalmente anche i "falsi" curati da
Nadir Salgari. La versione editoriale del 1928 (e segg.) mantiene l'unità
d'immagine della cover, con il disegno riquadrato in nero, ed è
firmata dagli artisti dell'epoca, tra i quali Dario Betti, Fabio Fabbi,
Attilio Mussino, etc.      
        


1895

1896

1906

1907









1908







1909







1910







1911





1913

1915


Un
dramma nell'oceano Pacifico

Il re della prateria

La stella dell'Araucania

Le meraviglie del Duemila

Il tesoro della Montagna Azzurra

Il re dell'aria

Sandokan alla riscossa

Sull'Atlante

La riconquista del Mompracem

Il figlio del Corsaro Rosso

Sulle frontiere del Far-West

Gli ultimi filibustieri

La scotennatrice

Una sfida al polo

La Bohème italiana

I corsari delle Bermude

Le selve ardenti

Il leone di Damasco

La crociera della Tuonante

Storie rosse

Il bramino dell'Assam

I briganti del Riff

La caduta di un impero

La rivincita di Yanez (postumo)

Straordinarie avventure di Testa

di Pietra (postumo)

per approfondimenti sulle sue opere vi consiglio il sito : www.liberliber.it/libri/s/salgari/index.htm
e  pure www.emiliosalgari.it











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